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Claudia Francesca Rusca (1593 – 1676) è stata una monaca cristiana, compositrice e musicista italiana.
Sulle origini di Suor Claudia Francesca Rusca rimane il dubbio, in quanto non si riesce a risalire alla fede di battesimo. Il nome Rusca è diffuso in tutto il nord della Lombardia ma soprattutto nella regione del Canton Ticino, e grazie a questo il musicologo W. Jesinghaus decise di fare una ricerca sulle sue musiche e di fotografare l'edizione che sarebbe poi andata persa per sempre nell'incendio della Ambrosiana durante i bombardamenti del 1943.
Ci può aiutare a risalire alle origini il fratello della Rusca, Antonio, che ebbe anch'egli stretti legami epistolari con Federico Borromeo. L'11 febbraio del 1631 venne nominato Teologo della metropolitana all'età di 33 anni, quindi la sua nascita risale al 1598; inoltre divenne vicario delle monache proprio del Monastero di santa Caterina. Il suo rapporto con le sorelle (un'altra Rusca compare nel monastero, una certa Antonia Lucia) doveva essere molto stretto, visto che operavano nella stessa città. In un suo trattato De origine et statu demonorum compare come Antonius Rusca mediolanensis facendo intuire che la famiglia fosse d'origine milanese.
Sulla vita della Rusca abbiamo interessanti informazioni dalla Biografia delle monache di Santa Caterina in Brera, un manoscritto redatto da una suora anonima che ha vissuto nel monastero di Santa Caterina nel 1684 e conservato presso la Biblioteca Ambrosiana a Milano, col codice "MS Trotti 453".
Riguardo a suor Rusca si dice:
«...S. Claudia Francesca Rusca fu allevata da' suoi et la fecero imparare di musica con buon fondamento perché sapeva componere,cantava il soprano, et in sua gioventù era molto lodata, si che fu accettata et le fecero cortesia perché esercitasse questa virtù, et che ammaestrasse ancora le altre, non si po dire [quanto] si sia adoperata in questa carica, certo è stata un esempio di perseveranza che solo Iddio sa, et essendo vecchia mai à mancato, solo pochi anni perché non poteva più esercitarlo, lei sapeva far li conti da [homo?], et era sempre impiegata in far servitio et a insegnare, era donna di gran giudicio, haveva una buona memoria, faceva li suoi officij con gran diligenza, per la virtù del cantare non li faceva tutti, ma ha fatto la porta, et maestra delle novizie molti anni, come si deve; frequentava li Santissimi sacramenti tre volte la settimana con gran divotione, et perseveranza, non poteva levar al matutino ma era diligentissima al' oratione, et a tutte le altre osservanze, et certo era uno specchio di virtù, più volte fu nominata nelli capitoli per farla superiora, ma nostro signore non li volse dar quel carico, havendo per altro buonissime qualità, visse molti anni; et il primo giorno di 8bre fece la Santa Comunione, et essendo alla mensa fu soprapresa dalla sgocia, sì che si portò a letto, se li diede l'olio santo et doppo sei giorni morì a dì 6 8bre la Domenica del Rosario l'anno 1676 d'anni 83, si adoperò assai per haver il passo sotterraneo, che al fine doppo molte difficoltà si ottene, et questo incirca l'anno 1633, haveva un fratello che esercitò la carica di vicario delle monache molti anni, et Suor Antonia Lucia sua sorella che fu una bonissima religiosa in cotesto Monastero d gran carità, et osservanza, et è notato qualche cosa al suo luoco...»
Analizzando la sua biografia risaliamo all'anno di nascita cioè il 1593. Si evince che i genitori le fecero studiare musica e che già da giovane praticava la composizione; questa sua virtù le servì per essere lodata e rispettata, ma anche per entrare in monastero a praticare l'arte dell'insegnamento. Se è vero che entrò che già sapeva bene il suo mestiere, è facile supporre che l'ingresso sia avvenuto ad una età matura. Sulla data della sua monacazione non si hanno notizie certe, neanche attraverso le carte dell'Archivio Storico Diocesano di Milano. Le uniche informazioni le abbiamo dai contratti di vendita, ma si deve aspettare il 1620 e il 1626, per vedere il suo nome nell'elenco delle suore, che non compare invece in quello del 1617. Si ipotizza quindi il suo ingresso in monastero intorno agli anni 1618-1620.
All'età di 24 anni, la Rusca ebbe modo di perfezionare la sua arte compositiva e dopo l'investitura poté cominciare a lavorare sul progetto della raccolta dei Sacri concerti, terminato verso la fine degli anni venti con relativa pubblicazione del 30 gennaio 1630.
La biografia parla anche di una donna capace nei conti e con buona memoria, requisiti fondamentali nell'arte della composizione (le regole del contrappunto richiedono molta destrezza nei numeri e buona memoria). Non partecipava a tutti gli uffici proprio per colpa del suo impegno didattico, ma svolse molte mansioni come suora: dalla portinaia alla maestra delle novizie. Evidentemente era di gracile costituzione, visto che non poteva alzarsi di notte per il mattutino. Più volte venne nominata per diventare superiora, ma non si conosce il motivo della rinuncia o della mancata "promozione". Il primo di ottobre venne colpita dalla sgocia (colpo apoplettico), e pochi giorni dopo, il 6 ottobre, la Domenica del Rosario del 1676, morì a 83 anni.
L'altra documentazione sulla Rusca è la lettera di risposta al cardinale Borromeo interamente riportata in Marcora:
«La lettera sua mi à messo un puoco di malinconia, poiché in essa trovo che mi replica quello che già molte volte mi à deto e ciovè che son tre mesi in circa che non sente sodisfacione di me interiormente, hora io meto insieme tutte le volte che mi à detto questo e trovo che non soli tre mesi ma sarano molti, però sia come si voglia che io confido che Iddio lascierà a V.S. Ill.ma tanta carità verso di me che non me abandonerà perché io vedo che spingie in anti questa anima mia hor con una cosa et hor con un'altra e gli dico che tutte mi son voci ma la vita di quella Giovane Fochina mi gridava tanto forte che io esendo in compagnia dissi quasi per un puoco di tedio, forte che tutti mi sentirno: O Signore datemi aiuto che non so che fare. Quello che sento Padre mio carissimo è che non godo mai la conversatione in pace, non ricreatione, niente perché il tutto mi rimorde la coscienza e pure non posso star sola, ma questa cosa non è solo adesso, ma è più di dieci mesi; et allora aponto il Confesore senza saper la bataglia del mio core mi dise che dovesi star più sola che fuse posibile e poi alla festa di S. Giovan Batista mi diede per penitenza di star al deserto con lui ciovè ritirata per sempre per quindeci giorni e dico a V.S. Ill.ma che mi parve tanto longo quel tempo che non lo potria dire; e pure, pareva che sempre Iddio mi acareziase con qualche particolar consolatione e pareva che restase tutta inamorata di star sola; ma come usciva (!) di camera mi tornava tedio e mi pareva cosa troppo faticosa che il star in quel logo così picolo pien di sole, che pareva un forno e non a pur un puoco di sufragio e come sforzava me stessa a star li mi veniva gran dolor di testa. O Padre mio carissimo, dico tutte queste cose a mia confusione mi stupisco che pur mi pare di sentir che se ben son così ritrosa sento una voce dolce che mi dice: io ti voglio: fa pure il sordo, che al fine ti renderai. Ma non voglio dir più la causa che mi fa ritrosa a queste cose, perché già lo deta molte volte. In quanto alla parte di V.S. Ill.ma ò tal confidanza che conoscendo l'inganno me lo farà sapere. Ma se fuse alle volte a veder e sentir i miei combattimenti non so qual core così duro che non compatisce alli travagli che patise un'anima, come son io. Hora in questo giorno gli ho mandato il presepio in memoria di S. Francesco poiché lui vi era tanto divoto. Così per hora finisco con dimandar la sua venuta per Amor della B.ma Vergine Maria.»
La lettera, permeata di un senso infinito di dolcezza, evidenzia il carattere e il tratto psicologico della Rusca e mette in risalto le tensioni spirituali e gli evidenti sensi di colpa. Dapprima ci fa intendere l'insoddisfazione del Cardinale sullo stato spirituale della monaca, forse il Borromeo è già a conoscenza delle difficoltà esistenziali che turbano la Rusca; è lei stessa a chiedere di non essere abbandonata e di poter ricevere carità per la sua anima "combattuta". La tensione spirituale tra la "Giovane Fochina" (evidente richiamo alla giovinezza, trascorsa , come abbiamo detto, fuori dalle mura del convento) e la futura monaca, trova sfogo in una forma di auto convincimento esplicativo. Ma uno dei momenti più toccanti della lettera è quando confida al Padre il suo senso di colpa, tanto da non permetterle di star sola.
Nelle lettere il Borromeo dà spesso il consiglio di passare dei periodi di estrema solitudine, per rinforzare il rapporto con Dio, per purificare l'anima. Anche la Rusca trascorse dei periodi di solitudine e visse la clausura contemporaneamente con dolore e gioia.
Un altro momento importante della lettera fu quando riconobbe che la presenza di Dio era talmente forte da farla arrendere ai suoi richiami. Il "combattimento" nell'anima della Rusca le creò gran confusione e dolore e questa è l'ennesima testimonianza di come frequentemente la vita delle monache era permeata di dubbi, incertezze e paure.
Come ho già accennato, la nostra monaca aveva una sorella e un fratello. Di Antonia Lucia non abbiamo nessuna informazione, invece di Antonio sappiamo che rivestiva vari incarichi importanti nella città di Milano. Proprio per il volere dei fratelli, le musiche della Rusca vennero pubblicate il 30 gennaio 1630, in un periodo non particolarmente favorevole se pensiamo alla diffusione della peste. Forse grazie alla posizione di potere del fratello, la raccolta dei "Sacri Concerti" trovò subito una collocazione all'interno della Biblioteca Ambrosiana permettendone la loro sopravvivenza. La raccolta fu pubblicata presso l'editore Giorgio Rolla .
L'edizione originale del 30 gennaio 1630 dei "Sacri Concerti" di suor Claudia Francesca Rusca giunge a noi per una serie fortuita di coincidenze. Le musiche della monaca furono subito conservate presso la Biblioteca Ambrosiana e lì rimasero, probabilmente mai visionate, fino al terzo decennio del XX secolo, quando un giovane musicista ticinese, Walter Jesinghaus , decise di studiarle. La giusta collocazione dell'edizione la suggerisce il Saba nel suo libro " Federico Borromeo e i mistici del suo tempo" . Probabilmente Jesinghaus lesse questo testo e rintracciò l'edizione della Rusca. Il musicista ticinese, spinto dal desiderio di dare una maggior dignità alla cultura musicale del Cantone e convinto che la suora potesse essere di origini svizzere vista la diffusione del nome nel locarnese e luganese, decise di fotografare l'intera edizione e di esporla in una mostra d'arte nel 1938 nel castello di Locarno. Il catalogo relativo alla mostra riporta a pag 33 un suo articolo dal titolo: "Ricerche musicali nel Ticino", in cui concentra la sua attenzione sul musicista Alessandro Tadei (? – Gandria 1667): "Questo nome è di fierezza per ogni luganese e segno di gloria per il Ticino", e in coda all'articolo dedica una paginetta alla Rusca e scrive: " Certamente è interessante sapere che una dama d'illustre casato, come quello dei Rusca, fattasi Suora Umiliata al Monastero di S. Caterina, vicino a [Brera] Pinacoteca di Brera in Milano, amasse tanto la musica e con molta perizia si esercitasse alla composizione. Il suo nome è strettamente legato al [Ticino] Canton Ticino, sebbene non sia possibile stabilire con esattezza se Suor Claudia Francesca Rusca discenda dai Rusca di Lugano o di Locarno". Nella pag. 59 del catalogo, compare l'elenco degli oggetti esposti nella sala 4 e tra questi, al numero 55 troviamo: "Fotografie dei "sacri concerti" di Suor C. F. Rusca". Infine, a pag XLVIII, vi è riportato il frontespizio del fascicolo relativo al canto. Di questa immagine, l'unica che riporta l'intera intitolazione dei concerti, si è persa la fotografia originale. Il saggio Jesinghaus mai avrebbe sospettato che nella notte tra il 15 e 16 agosto del 1943 Milano sarebbe stata colpita dai bombardamenti angloamericani, e che un'ala della biblioteca ambrosiana sarebbe stata distrutta mandando in cenere oltre 55.000 volumi antichi. Tra questi, oltre ai libretti d'opera di Verdi, Bellini, e grandiosi capolavori del Rinascimento, anche l'edizione della Rusca!
Quindi le foto scattate dal musicista ticinese sono a tutt'oggi l'unica fonte dei "Sacri Concerti".
Nel 1970 nacque l'associazione "Ricerche Musicali nella Svizzera italiana" con l'intento di recuperare l'archivio di Walter Jesinghaus il quale, essendo morto senza eredi (e nell'indigenza), lasciò il tutto in stato di abbandono. Il nome dell'associazione si ricollega al progetto iniziale del musicologo ("Ricerche musicali nel Ticino"), titolo che il musicista adottò per identificare il campo della sua attività. Tutto il fondo inerente alle ricerche musicali fu poi acquisito dal Cantone e ceduto all'Archivio di Stato del Cantone Ticino a Bellinzona (dove sono ancora custodite).
Ad accompagnare il viaggio dell'edizione fotografata ci sono anche le rielaborazioni di Giorgio Federico [Ghedini] Giorgio Federico Ghedini. Infatti il noto compositore italiano, da sempre interessato al repertorio antico, venne a conoscenza dei "Sacri Concerti" intorno agli anni cinquanta (probabilmente dallo stesso Jesinghaus) ed operò dei lavori di rielaborazione.
Di seguito il contenuto dei "Sacri concerti"
T A V O L A
A UNA VOCE
A DUE VOCI
A TRE VOCI
(Con Violino e Violone, over Fiffera e Trombone)
A QUATTRO VOCI
(con Violino, e Violone, over Fiffera e trombone)
A CINQUE VOCI
STRUMENTALI
A QUATTRO VOCI
(con falsabordone)
Motetti, & Magnificat à 8. concertati; Il Tenore del Primo Choro si può cantare in Soprano, come facciamo nella nostra Chiesa, & lo facciamo fare un choro da per sé; si che vengono poi ad essere a tra Chori.
A OTTO VOCI