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Carlo Gesualdo

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Carlo Gesualdo, noto come Gesualdo da Venosa (Venosa, 8 marzo 1566 – Gesualdo, 8 settembre 1613), è stato un compositore italiano, cittadino del Regno di Napoli.
Appartenente alla nobile famiglia napoletana dei Gesualdo, fu principe di Venosa, conte di Conza e signore di Gesualdo.
Il suo nome è però legato principalmente alla musica: eccelse infatti nella musica polifonica, fu compositore di madrigali e di musica sacra. È considerato uno dei principali innovatori del linguaggio musicale e, da alcuni, il più importante madrigalista del suo tempo. Furono suoi maestri di musica Pomponio Nenna, Stefano Felis, Scipione Stella, Rocco Rodio, Gian Leonardo Primavera e altri eccellenti musicisti dell'epoca.
Gesualdo ebbe un grande peso nella scena musicale a lui contemporanea e, a partire dal XX secolo, ispirò, oltre ad alcuni compositori moderni, anche la realizzazione di fiction e drammi musicali. Accanto alla carriera artistica, Gesualdo acquistò anche la triste fama di assassino. Si macchiò infatti del delitto della prima moglie (nonché cugina) Maria d'Avalos con il di lei amante, Fabrizio Carafa.
Il principe Carlo Gesualdo nacque a Venosa l'8 marzo 1566, come testimoniato da due lettere custodite presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano da Fabrizio II e Geronima Borromeo, sorella di Carlo Borromeo. Seguì a Napoli severi studi ai quali fu avviato dal padre, discreto letterato e noto mecenate, molto legato ai Gesuiti. All'età di diciannove anni Gesualdo pubblicò il primo mottetto "Ne reminiscaris Domine delicta nostra".
Grande appassionato di caccia, fu musicista raffinato, innovatore e precursore della musica moderna "onorato e ossequiato dagli uomini di cultura di mezzo mondo". Nel 1586 sposò la cugina Maria d'Avalos, nata da Carlo principe di Montesarchio, e da Sveva Gesualdo. Il matrimonio avvenne a Napoli il 28 maggio del 1586 con dispensa di papa Sisto V, nella chiesa di San Domenico, che è situata vicino al palazzo dove abitava la famiglia Gesualdo. Carlo aveva vent'anni e Maria ventiquattro. Dal matrimonio nacque Emanuele (1588-20 agosto 1613), il quale morì per un incidente di caccia, lasciando vedova la moglie Polyxena zu Fürstenberg (29 luglio 1588 - Praga 31 maggio 1649), incinta, ed una figlioletta di due anni Isabella (1611-1629) che avrebbe sposato Niccolò Lodovisi Principe di Piombino.
Un giorno Maria Gesualdo conobbe Fabrizio Carafa, duca d'Andria e conte di Ruvo, di cui si innamorò benché questi fosse sposato con Maria Carafa e padre di quattro figli. I due continuarono ad incontrarsi, perfino in casa Gesualdo, nell'attesa di una vendetta che, ormai, entrambi sapevano potersi avverare, in quanto covata e meditata dal principe.
Il 16 ottobre 1590 il principe avvertì Maria che, insieme ad alcuni suoi servi, sarebbe andato a caccia nel bosco degli Astroni, restando lontano per due giorni. Questa era solo l'ultima parte di un piano già preparato in ogni minimo dettaglio dal principe stesso. Nella notte fra martedì 16 e mercoledì 17 ottobre 1590 i due amanti vennero colti in flagrante adulterio nella camera da letto di Maria e barbaramente trucidati.
Furono probabilmente le interessate delazioni che imponevano l'obbligo di "vendicare" col sangue l'offesa fatta al suo nome che spinsero il principe Carlo a compiere il delitto di Palazzo San Severo. Non è da escludere, comunque, l'eventualità che quel delitto potesse essere anche la conseguenza di oscure trame ordite contro il suo casato, in quegli anni assai potente e mal visto dal corrotto mondo della nobiltà napoletana. Le circostanze lo giustificavano dal punto di vista della legge e del costume del tempo, tanto che il viceré Miranda, dal quale Carlo si recò immediatamente a dare notizia personalmente dell'accaduto, lo esortò ad allontanarsi da Napoli non per sfuggire alla legge, ma per non esasperare il risentimento delle famiglie degli uccisi.
Carlo fuggì da Napoli e si rifugiò nell'inaccessibile e inespugnabile castello-fortezza di Gesualdo. Il processo venne archiviato il giorno dopo la sua apertura:
«per ordine del Viceré stante la notorietà della causa giusta dalla quale fu mosso don Carlo Gesualdo Principe di Venosa ad ammazzare sua moglie e il duca d'Andria.»
Carlo rimase a Gesualdo finché non venne accertato che il risentimento delle famiglie dei d'Avalos e dei Carafa si fosse sedato. In questo periodo, per sentirsi sicuro da eventuali attacchi di forze nemiche, si ritiene che abbia ordinato il taglio del bosco di querce e di abeti che ammantavano di verde la collina prospiciente il castello, per avere un orizzonte più libero e vasto.
Dopo tre anni e quattro mesi dal duplice assassinio si recò, accompagnato dal cognato Ferdinando Sanseverino, conte di Saponara, dal conte Cesare Caracciolo e dal musico Scipione Stella, a Ferrara per unirsi in matrimonio con Eleonora d'Este.
L'interesse per questo matrimonio era soprattutto di Casa d'Este; infatti Alfonso II mirava ad ottenere l'appoggio dello zio di Carlo, il potente cardinale decano Alfonso Gesualdo, probabilmente futuro Papa, nella speranza, risultata poi vana, che il suddetto cardinale intervenisse a favore della Casa d'Este qualora, per mancanza di eredi, per il ducato di Ferrara fosse necessaria la riannessione al dominio della Chiesa.
Al principe e al suo seguito andò incontro il conte Alfonso Fontanelli, inviato dal duca di Ferrara Alfonso Il d'Este. All'occhio acuto ed ironico del diplomatico di casa d'Este, peraltro musicista dilettante, il principe Gesualdo apparve
«di aspetto poco imponente, piuttosto accigliato, meridionalmente indolente, pieno di affettazioni di grandezza e di galanteria di gusto spagnolesco. Si anima per discorrere con irrefrenabile loquacità di musica e di caccia; si sforza dovunque vada di far eseguire ed eseguire egli stesso musica, pronto se manchi un cantore a partecipare all'esecuzione dei propri madrigali, dei quali discorre diffusamente, additando all'interlocutore i passi più notevoli per invenzione o artifizio; ama suonare il liuto e la chitarra spagnola e lo fa con gran maestria e con intensità espressiva sottolineata dal continuo atteggiare e muoversi.»
Il rapporto che il diplomatico-musicista tracciò di Gesualdo evidenziò un ritratto più vivo rispetto alla sbiadita immagine di donatore assistito dalla figura dello zio Carlo Borromeo che appare nella pala d'altare della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Gesualdo. Così il 21 febbraio 1594 Carlo Gesualdo sposò Eleonora d'Este, cugina del duca di Ferrara Alfonso II. Eleonora donò allo sposo un'opera d'arte: un'armatura cavalleresca mirabilmente cesellata dal più grande maestro armaiolo dell'epoca, Pompeo della Casa, oggi esposta al museo di Konopiště, vicino a Praga.
Da Ferrara gli sposi passarono a Venezia. Da qui, via mare, raggiunsero a metà agosto Barletta, dirigendosi poi verso Gesualdo. Durante la sua permanenza a Gesualdo il principe si occupava molto di caccia e di musica. Poiché Eleonora era incinta, nel dicembre dello stesso anno 1594 ritornarono a Ferrara dove rimasero per circa due anni. A Ferrara Carlo non riuscì a legare con l'Accademia musicale più aristocratica ed esclusiva del tempo che non gli permise di recitare il ruolo di "primo attore".
Gesualdo decise di ritornare a Napoli, lasciando a Ferrara la moglie con il loro figlio Alfonsino. Temendo però ancora la vendetta delle potenti famiglie d'Avalos e Carafa, si ritirò definitivamente, nel mese di giugno del 1596, nel castello di Gesualdo, fatto ristrutturare tempo addietro. Il castello aveva ormai perso il rude aspetto di fortezza ed era divenuto una bellissima dimora, capace di accogliere una fastosa corte canora, radunata nel vago e vano tentativo di emulare quella di Ferrara.
Durante questo lungo periodo (diciassette anni), più di un terzo della vita di Carlo, Gesualdo godette della magnificenza del principe che, per cercare la pace dell'anima e il perdono di Dio, fra tante altre opere, fece edificare tre chiese e due conventi: uno per i Domenicani e uno per i Cappuccini. Nel castello fece realizzare un teatro per la rappresentazione delle sue opere ed una stamperia per la pubblicazione dei testi musicali. Grazie alla sua presenza il castello di Gesualdo divenne uno tra i più importanti centri musicali del tempo, frequentato da appassionati e letterati (tra questi anche Torquato Tasso).
Il principe morì l'8 settembre 1613, nel suo castello, a soli 47 anni: fu sepolto nella cappella di famiglia della chiesa del Gesù Nuovo e Niccolò Ludovisi gli succedette nei feudi.
Il convento dei Cappuccini comprende invece un edificio (gravemente danneggiato dal sisma del 23 novembre 1980, ristrutturato e inaugurato il 6 giugno 2004), un grande giardino e la chiesa di Santa Maria delle Grazie nella quale si trova l'imponente tela del 1609 intitolata Il perdono di Carlo Gesualdo e attribuita a Giovanni Balducci.
La tela è stata restaurata ed è stata riportata a Gesualdo nella suddetta chiesa al suo originario posto. Nella tela si osserva ad un lato l'immagine del principe che, in ginocchio, con le mani congiunte in atto di preghiera e, accompagnato dallo zio cardinale Carlo Borromeo (poi santo), chiede perdono per il duplice assassinio a Cristo giudicante con l'intercessione della Vergine, di San Michele, San Francesco, San Domenico, Santa Caterina e di Santa Maria Maddalena. Di fronte al principe vi è la moglie Eleonora d'Este, anch'ella in ginocchio, in atto di preghiera. A centro è raffigurato con le ali di un angioletto, il piccolo Alfonsino, morto nel 1600 in tenera età. Allargando l'orizzonte si può ritenere che la tela votiva raffiguri la richiesta di perdono per tutta l'umanità peccatrice, così come il principe musicista nel 1585 scriveva nel suo primo mottetto Ne reminiscaris, Domine, delicta nostra (Non ricordarti, Signore, dei nostri peccati).
Alcuni particolari interessanti sono venuti alla luce dopo il restauro. Il quadro finalmente ha il vero autore: Giovanni Balducci da Firenze. Eleonora d'Este era stata coperta con abito da monaca e la Maddalena era vestita con abito accollato. Ora Eleonora è vestita "alla spagnola" e la Maddalena ha un vestito scollato. Tutto ciò era dovuto alle conseguenze del Concilio di Trento e della Controriforma che non consentiva di tenere nelle chiese figure poco riverenti al luogo sacro.
Nell'ambiente gesualdino fatto di pace, serenità, di aria pulita e profumata, di panorami vastissimi e di boschi rigogliosi, il principe poté dedicare molto del suo tempo alla musica, per cui oltre ai 4 libri di Madrigali già pubblicati, compose altri 2 libri che fece stampare nel 1611 a Gesualdo nella tipografia che il tipografo Gian Giacomo Carlino installò nel castello. Compose inoltre i madrigali spirituali Tenebrae Responsoria, altri Mottetti, un libro di Responsori, un Benedictus, un Miserere, un libro di Sacrae Cantiones a cinque voci e uno a sei voci composte "con artifizio singolare e per sommo diletto degli animi induriti".
Si è commesso, e molti continuano a commettere l'errore di interpretare la musica di Gesualdo in termini autobiografici, limitati ad alcuni episodi, in particolare al tradimento ed all'assassinio della prima moglie. Egli fu certamente uno spirito introverso, tormentato e malinconico; la vita non gli diede molte gioie e lo colpì con sofferenze fisiche e psichiche, con delusioni, con perdite dolorose. Ma non bisogna dimenticare che Carlo era secondogenito e che aveva avuto una rigida educazione religiosa e musicale.
Inoltre era nipote di due cardinali, di cui uno poi santo, e il padre, discreto letterato e amante della musica, era molto legato ai Gesuiti ed era mecenate dei musici napoletani più famosi di quel tempo. Pertanto a parte ogni movente di pia espiazione occorre vedere nella musica di Gesualdo l'artista ardito e manierista. Il suo genio musicale, i suoi estremi rivolgimenti cromatici, le sue stupefacenti invenzioni artistiche (i cui procedimenti, però, si fondano sulle classiche leggi del contrappunto antico) consentono alla sua musica eccelsa di dire quello che non possono dire semplicemente le parole, tanto da fargli meritare il titolo di Principe dei musici.
Gesualdo ebbe una grande influenza su diversi compositori della sua era, come Sigismondo d'India, Antonio Cifra, Michelangelo Rossi, Giovanni de Macque, Scipione Dentice e Girolamo Frescobaldi. Scipione Cerreto disse di lui: «È un raro suonatore di molti strumenti e del liuto in special modo. Nelle composizioni è superiore a tutti i musici suoi contemporanei. Tiene a sue spese molti suonatori e compositori e cantanti. Se questo signore fosse vissuto all'epoca dei Greci, gli avrebbero fatto una statua di marmo e d'oro».
Venne quasi dimenticato dopo il Rinascimento ma ritornò ad essere una fonte d'ispirazione a partire dal XX secolo. Igor' Fëdorovič Stravinskij, ammiratore di Gesualdo, scrisse nel 1960 un lavoro orchestrale Monumentum pro Gesualdo da Venosa ad CD Annum, una riscrizione di tre madrigali per orchestra; lo stesso anno, su questa musica, George Balanchine realizzò un balletto, Monumentum pro Gesualdo, con il New York City Ballet. Alfred Schnittke e Brett Dean scrissero rispettivamente le opere Gesualdo (1993) e Carlo (1997) in onore del compositore venosino. Altre opere a lui dedicate sono Tenebrae Super Gesualdo (1972) di Peter Maxwell Davies, Maria di Venosa di Francesco d'Avalos (1992), Gesualdo (1998) di Franz Hummel, Tenebre (1997) e The Prince of Venosa (1998) di Scott Glasgow, Gesualdo (2010) di Marc-André Dalbavie e Richard Millet. Peter Eötvös, che considera Gesualdo colui che influenzò i suoi madrigali, diede pubblica lettura del testo di un suo madrigale, dopo aver ricevuto il Leone d'oro alla carriera il 24 settembre 2011. Salvatore Sciarrino riarrangiò diversi madrigali nel disco Sciarrino, Gesualdo, Fedele: Fuoco e Ghiaccio (2002).
Franco Battiato ha dedicato al compositore il brano Gesualdo da Venosa, contenuto nell'album L'ombrello e la macchina da cucire (1995). Anna Calvi sostiene che «scrisse musica nel XVI secolo che fu così progressista ed estrema che nessuno è riuscito a ricreare il suo stile fino al XX secolo» e che rappresenta una sua grande ispirazione. Nel 1995, il regista Werner Herzog ha diretto un documentario incentrato sulla sua vita, Tod für fünf Stimmen (Morte per cinque voci), con la partecipazione di Milva. La pellicola è stata trasmessa sulla rete tedesca ZDF.
Nel 2009 il regista Luigi Di Gianni gli ha dedicato un film dal sapore documentaristico, Carlo Gesualdo. Appunti per un film, girato nei luoghi in cui il principe visse e con la testimonianza del compositore e direttore d'orchestra Francesco d'Avalos, discendente di Maria, la moglie infedele.
A Gesualdo da Venosa è stato intitolato il Conservatorio Statale di Potenza.
Nel 2017 il regista Gonzalo López ha realizzato il film Dolorosa Gioia, basato sulla relazione del compositore Carlo Gesualdo con sua moglie Maria D'Avalos. Il film adatta al presente la relazione della coppia ed ha la peculiarità di non avere dialoghi, dando quindi una speciale importanza alla musica come mezzo espressivo delle emozioni.
Nel 2019 il regista Roberto Aldorasi ha realizzato lo spettacolo intermediale In Flagrante Delicto - Gesualdo da Venosa, Principe dei musici, con Marcello Prayer, su testo di Francesco Niccolini e musica di Alessandro Grego, presentato al Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio, lavoro che ripropone poeticamente la vicenda umana e artistica di Gesualdo insieme alla ricomposizione elettronica di alcuni dei suoi madrigali.
Sempre nel 2019, lo scrittore Andrea Tarabbia pubblica il romanzo "Madrigale senza suono" per la casa editrice Bollati Boringhieri, nel quale si immagina che Igor' Fëdorovič Stravinski trovi un manoscritto del Seicento scritto da un servitore di Gesualdo da Venosa, dove è raccontata la vita del musicista. Il romanzo è vincitore del Premio Campiello 2019.
L'arrangiatore Corrado Guarino e il sassofonista livornese Tino Tracanna hanno dedicato a Gesualdo il cd Gesualdo pubblicato nel 1998 per la Splas(h). Il Cd contiene brani di Gesualdo presi dal I, IV e VI libro dei Madrigali e composizioni di Guarino e Tracanna. Inoltre Bruno Tommaso, uno dei maggiori jazzisti europei, ha composto una lunga suite di 13 brani ispirata alla vita e alle vicende di Gesualdo dal titolo Original Soundtrack for Charles and Mary, pubblicata in Cd dalla Onyx di Matera.