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Rito ambrosiano

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Il rito ambrosiano è il rito liturgico ufficiale adottato dalla Chiesa latina nella maggior parte dell'arcidiocesi di Milano e in alcune zone che ne facevano precedentemente parte, che si distingue da quello utilizzato comunemente nel resto dell'Occidente, detto invece rito romano. Il capo del rito ambrosiano è l'arcivescovo di Milano.
Il rito ambrosiano deriva dalla tradizione che si è stratificata nella liturgia dell'arcidiocesi di Milano e che viene fatta risalire all'opera del vescovo Ambrogio, ma in alcuni tratti è addirittura precedente.
Quando papa Gregorio I, alla fine del VI secolo, modificò, riordinò ed estese a tutta la chiesa latina la liturgia romana, il rito ambrosiano riuscì a sopravvivere alla soppressione insieme al rito mozarabico e ad altri riti locali.
La sua sopravvivenza vide molti critici, quando vennero soppressi altri riti locali, dopo il concilio di Trento (come il rito patriarchino, a cui erano legate le città di Monza e Como e i patriarcati di Aquileia, di Grado e di Venezia).
La sua legittimazione definitiva si ebbe comunque con il Concilio di Trento (occorre tener conto che il papa Pio IV era milanese e che l'anima del Concilio fu l'arcivescovo di Milano san Carlo Borromeo) e ribadita dal Concilio Vaticano II.
In origine il rito ambrosiano aveva una diffusione molto vasta, su tutto il nord d'Italia fino a sud di Bologna. Nel corso della storia molte comunità, anticamente di rito ambrosiano, sono passate al rito romano.
Il rito ambrosiano è attualmente seguito nella maggior parte dell'arcidiocesi di Milano, tranne le seguenti eccezioni dove viene seguito il rito romano:
Si celebra in rito ambrosiano anche nelle seguenti zone che non appartengono più all'arcidiocesi di Milano, ma un tempo ne facevano parte:
Il rito ambrosiano era il rito proprio anche di altre parrocchie che però, in seguito al passaggio ad altra circoscrizione ecclesiastica, hanno mutato anche il rito:
Altri territori invece, anch'essi appartenenti un tempo alla diocesi di Milano (come ad esempio il vicariato di Verdello), non hanno mai conosciuto il rito ambrosiano.
Dal punto di vista amministrativo-civile, il rito ambrosiano è diffuso nella maggior parte delle province di Lecco, Milano, Monza e Brianza e Varese, in buona parte della provincia di Como, in alcune zone delle province di Bergamo, Lodi, Pavia e Verbano-Cusio-Ossola, e in alcune zone del Canton Ticino in Svizzera.
Le caratteristiche della liturgia ambrosiana sono un forte cristocentrismo, derivante dalla lotta contro l'eresia ariana al tempo di Ambrogio, e una vicinanza con le liturgie orientali, prese da Ambrogio stesso come modello per la Chiesa milanese, seppur facendo sempre riferimento agli usi della Chiesa di Roma come fonte normativa.
La celebrazione della messa presenta gli stessi elementi del rito romano, ma alcuni di essi sono disposti diversamente o sono leggermente differenti:
Una differenza con il rito romano riguarda la forma dell'ostensorio, che ha conservato la più antica conformazione a tempietto, mentre nel rito romano ha assunto una forma di raggiera.
L'ostensorio e la pisside sono ricoperti da conopei di colore rosso e non bianco.
Il turibolo, a differenza di quello romano, è privo del coperchio traforato e della quarta catena che serve ad aprirlo. Viene usato facendolo girare per aria, in un modo del tutto sconosciuto al rito romano che invece lo usa esclusivamente in senso antero-posteriore. Il modo di incensare ambrosiano è infatti per ductum et tractum, cioè facendo prima roteare il turibolo (ductus) e poi spingendolo in avanti (tractus) verso la persona o la realtà sacra da venerare, in modo tale che chi incensa "disegni" per così dire la forma di una croce. Nel ductus il turibolo viene fatto ruotare da destra a sinistra una volta e da sinistra a destra tre volte; nel tractus il turibolo viene alzato verticalmente e abbassato.
L'aspersorio è fatto come un piccolo pennello e l'acqua è trattenuta dalle setole.
La croce astile viene sempre rivolta al celebrante, quindi nelle processioni il Crocifisso è volto indietro, mentre nel rito romano è volto in avanti. Sulla stessa croce o sulla croce dell'altare è possibile collocare le candele.
Alcuni sacerdoti (prevosti e vicari episcopali) hanno il diritto di portare durante le processioni la ferula, cioè un bastone sormontato da un globo e una piccola croce.
In generale la foggia dei paramenti liturgici è uguale a quella romana, esistono però alcune particolarità, sebbene non sempre presenti o rispettate:
Vi sono anche differenze che riguardano il colore dei paramenti:
Vi sono differenze anche negli abito del clero:
Un elemento fondamentale del rito e della liturgia ambrosiana è costituito dal canto "ambrosiano". Fu Sant'Ambrogio stesso che, per la prima volta in assoluto nella liturgia della Chiesa, introdusse nel 386 l'uso di canti non derivanti dai salmi (gli unici fino ad allora cantati durante le messe). Questa sua innovazione si diffuse presto anche nelle Chiese di altro rito.
Ambrogio è stato definito il "più musicale dei Padri", in quanto ha personalmente composto testi e musiche dei suoi inni, innovando anche lo stile, grazie all'introduzione della metrica classica al posto di quella libera che era simile alla salmodia ebraica. Scelse per i suoi inni il dimetro giambico e introdusse l'antifonia, elemento fondamentale per consentire a tutta la massa di fedeli una maggiore partecipazione al rito, grazie ad un canto collettivo eseguito da un'ala maschile e da un'altra ala composta da donne e bambini. Per agevolare il popolo alla declamazione, Sant'Ambrogio realizzò versetti facili da recitare ed eliminò sia il ruolo del solista sia la presenza dei vocalizzi, rendendo tutto l'insieme più armonico.
Come il canto gregoriano, anche il canto ambrosiano fu naturalmente modificato nel corso dei secoli dalla sua elaborazione da parte di Ambrogio, ma non di meno oggi lo si definisce il più antico corpus musicale occidentale. Per preservare questo patrimonio insostituibile è stato istituito il PIAMS (Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra) consociato con il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma. Secondo una dichiarazione del sinodo diocesano del 1994, esso è il soggetto incaricato dell'educazione al canto ed alla musica nell'arcidiocesi di Milano.
I testi liturgici musicali e canori ambrosiani sono contenuti nei volumi Antiphonale Missarum iuxta ritum Sanctae Ecclesiae Mediolanensis (1935) e Liber Vesperalis (1939), editi dal musicologo benedettino spagnolo Gregorio Maria Suñol.
Vi sono alcuni riti specifici che sono stati aboliti, ma di cui si può trovare traccia nelle descrizioni storiche. Ad esempio, era usanza che durante certe messe solenni (e precisamente all'Offertorio) vi fosse una corsa che partiva dai quartieri fin dentro il duomo di Milano, con un enorme cavallo di legno ornato di salsicce e doni vari. Questa usanza venne abolita da San Carlo Borromeo. I riti descritti qui di seguito sono invece tutt'oggi in uso.
Quando la messa è preceduta da una processione, giunti al limite del presbiterio la processione si arresta, la croce, incensata e affiancata dai cantari ambrosiani, resta rivolta al celebrante e il clero si dispone su due file una di fronte all'altra, in fondo il celebrante con i ministri resta rivolto alla croce e all'altare. A questo punto il solista e l'assemblea si alternano cantando 12 volte (6 ciascuno) Kyrie eleison a cui segue di norma una sallenda. Durante il Gloria al Padre della sallenda si effettua un inchino lungo rivolto alla croce e successivamente uno più corto rivolto al celebrante, quindi la processione entra in presbiterio. Il canto dei 12 Kyrie sostituisce l'atto penitenziale ed è prescritto dopo la processione con le palme nella domenica delle palme e dopo la processione con le candele nella festa della presentazione del Signore al tempio.
Caratteristica tipica del rito ambrosiano è l'assoluta centralità della domenica, con il suo inizio dal tramonto del sole del giorno precedente. La messa vespertina del sabato, impropriamente talvolta detta prefestiva, ha il suo valore proprio e originario di messa vigiliare, ben evidenziato da un particolare rito, introdotto con l'edizione del lezionario entrato in vigore in occasione dell'Avvento 2008: all'inizio della messa, al posto dei riti penitenziali, è prevista la lettura di un brano di Vangelo che parla della Resurrezione di Gesù, tranne che in Quaresima dove vengono letti brani evangelici che preannunciano il mistero pasquale (come ad esempio la Trasfigurazione).
È anche possibile celebrare con maggior solennità l'inizio della domenica unendo i vespri alla messa vigiliare e alla lettura del vangelo vigiliare. L'inizio dei vespri è caratterizzato dal "rito della luce" o "lucernario". La processione con il celebrante entra in chiesa al buio e con i cantari spenti al fianco dell'unica lanterna accesa, che apre la processione. Giunti ai piedi del presbiterio, dopo il saluto all'assemblea, al celebrante vengono presentati i cantari e la lanterna; il celebrante provvede ad accenderli, quindi vengono accesi i ceri dell'altare, sempre dalla stessa fiamma e, secondo l'opportunità, infuso l'incenso e incensata la mensa. Il rito si conclude con l'inno.
La Messa vigiliare solenne assume dunque questa struttura:
Subito dopo la comunione si canta il:
Il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster ha limitato questa liturgia alle solenni celebrazioni della vigilia. Vi è un apposito canto per questa liturgia.
Nel rito romano una variante di questa liturgia si svolge solo una volta all'anno, in occasione della benedizione del cero pasquale.
Tuttora in uso è il rito del "faro", la cui origine è antichissima (se ne trova traccia nel VII secolo), e celebrato ora in occasione delle feste patronali, ma solo se si tratta di un santo martire. La sua origine e significato sono incerti: un significato puramente allegorico sarebbe l'allusione al sacrificio della vita da parte del martire.
Il rito si effettua solitamente durante il canto del Gloria. Nella forma più solenne si svolge nella seguente modalità: all'inizio della messa solenne, una processione che si ferma al limite del presbiterio, dove è sospeso in alto un pallone di stoppa o bambagia oppure di altro materiale combustibile, solitamente ornato con una croce, una corona e delle palme (simbolo del martirio). Dopo il canto dei 12 kyrie e della sallenda propria con il Gloria, mentre si ripete la sallenda, il celebrante, senza nulla dire, con un'apposita verga sormontata, solitamente, da tre piccole candele incendia il pallone e sale in presbiterio. Un tempo probabilmente veniva incendiato dalla candela che era posta sulla croce astile dallo stesso ostiario che portava la croce.
Il rito del faro è celebrato nel duomo di Milano in occasione di Santa Tecla, patrona della parrocchia del duomo e in molte delle parrocchie dedicate a santi martiri nel giorno della loro festa.
Un'altra cerimonia particolare e di origine antichissima quanto incerta, è la processione dell'Idea, che si svolge il 2 febbraio, festa della presentazione del Signore al tempio, e consiste nel portare in processione prima della messa un'icona mariana sormontata da una candela. Non si sa da che cosa derivi questa denominazione: secondo alcuni da una celebrazione della dea pagana Cibele (il cui attributo era Magna Mater Idea), secondo altri dal nome generico di "immagine".
L'immagine in questione è quella di una Madonna con bambino, una volta trasportata da due presbiteri su una lettiga con manici in forma di scala, portandola con stanghe e stando uno davanti e l'altro dietro, come si vede da un bassorilievo medievale conservato al Museo del Castello. Un tempo si svolgeva tra le chiese di Santa Maria Beltrade e Santa Maria Maggiore; oggi si svolge solo nel duomo di Milano e nella basilica di Sant'Ambrogio: la lettiga non viene più portata da presbiteri, ma da diaconi.
Nel catino absidale del duomo di Milano è conservato un morso di cavallo che la tradizione dice essere uno dei chiodi della Passione. In occasione della festa dell'Esaltazione della Santa Croce, l'arcivescovo sale su un carro seicentesco che viene issato fino al reliquiario (a oltre 40 m di altezza rispetto al pavimento), lo porta a terra e lo espone alla venerazione dei fedeli. Alla fine, con lo stesso carro viene riportato al suo posto. Il carro è ornato con angeli e nuvole dipinte, e per questo viene chiamato nivola (cioè nuvola), da cui deriva il nome di rito della Nivola.
La cerimonia relativa prende il nome da questo carro, che per secoli è stato issato da 24 uomini (12 a destra e 12 a sinistra), e solo negli ultimi anni è stato motorizzato. La nivola fa parte delle "macchine", o apparati presenti in modo più o meno residuale in celebrazioni in vari riti (come le macchine processionali per le statue di santi o il grande turibolo di Santiago di Compostela, il Botafumeiro).
Nei funerali il rito dell'aspersione e dell'incensazione del defunto è collocato all'inizio della celebrazione eucaristica e sostituisce l'atto penitenziale. Al posto della preghiera dei fedeli, invece, si cantano le litanie dei santi, seguite da quattro preghiere per il defunto e per i familiari; conclude il canto la triplice invocazione Kyrie eleison.
Il rito ambrosiano ha un suo calendario e un suo complesso di norme che regolano le precedenze liturgiche. L'anno liturgico inizia con l'Avvento, prosegue con il "tempo di Natale" e quello "dopo l'Epifania", seguono la Quaresima, il "tempo Pasquale", il "tempo dopo Pentecoste", quello dopo il Martirio di san Giovanni Battista e quello dopo la dedicazione del Duomo.
Particolarità del tempo di Avvento, dedicato alla preparazione del Natale, è la sua lunghezza: di sei settimane anziché quattro come nel rito romano. Inizia la prima domenica dopo il giorno di San Martino (11 novembre) e prevede sempre sei domeniche (quando il 24 dicembre cade di domenica, è prevista la celebrazione di una domenica "Prenatalizia"). Gli ultimi giorni dell'Avvento sono le ferie dell'Accolto (de Exceptato) e costituiscono la novena di Natale.
Nel rito ambrosiano è previsto il colore morello (un colore simile al viola), tranne nell'ultima domenica (detta "dell'Incarnazione") nella quale si usa il bianco.
Una delle peculiarità di questo rito, con profili non soltanto strettamente religiosi, è l'inizio della Quaresima, che non parte dal mercoledì delle ceneri, ma dalla domenica immediatamente successiva. Ciò dà luogo (ad esempio in Canton Ticino, a Tesserete e Biasca) alla distinzione tra carnevale "nuovo" (quello romano) che termina con il martedì grasso e carnevale "vecchio" (quello ambrosiano) che si conclude, invece, il sabato seguente.
La differenza tra il carnevale ambrosiano e quello del resto del mondo è dovuto proprio al diverso modo di calcolare le date di inizio e fine della Quaresima:
Vi sono differenze anche nella concezione dei venerdì di Quaresima: per il rito ambrosiano, infatti, il venerdì è feria aneucaristica, durante la quale non possono essere celebrate messe, per vivere in modo radicale la privazione da Cristo, come avviene nel Sabato Autentico, per accoglierLo pienamente con la Pasqua. Nelle altre feriae di Quaresima, quindi tutti i giorni tranne la domenica e il sabato (considerato semi-festivo in rispetto della prescrizione mosaica e come preparazione alla domenica), l'aspetto penitenziale è espresso dalla colorazione (facoltativa) nera dei paramenti anziché viola o morello. Nelle domeniche invece, come da tradizione ambrosiana, è sottolineato il percorso battesimale, che portava un tempo e può tuttora portare i catecumeni a prepararsi al battesimo nel giorno di Pasqua, e che guida i fedeli battezzati a riscoprire il significato di questo sacramento.
La Settimana Santa è chiamata Hebdomada Authentica (Settimana Autentica), in quanto vi si celebrano gli eventi centrali della storia. I riti del triduo Pasquale presentano alcune differenze da quelli del rito romano.
Il Messale attualmente in vigore è l'edizione del 1990. Come il messale romano, contiene tutte le parti fisse e variabili della messa eccettuate le letture.
Dopo un periodo transitorio, durato dalla riforma liturgica postconciliare, caratterizzato dall'utilizzo del lezionario romano e integrato da un volume ambrosiano utilizzato in alcuni periodi dell'anno liturgico, dal 16 novembre 2008 (I domenica di Avvento) è entrato in vigore il nuovo lezionario.
Nel nuovo lezionario sono state mantenute le letture proprie dei tempi forti (Avvento, Natale, Quaresima, Settimana Santa, Pasqua) e recuperate altre letture tradizionalmente proclamate nel resto dell'anno. Accanto a questo recupero, secondo le indicazioni conciliari, sono state affiancate altre letture creando così, come nel rito romano, un ciclo triennale nelle domeniche e biennale nelle ferie.
È organizzato in tre libri:
Ciascun "Libro" è suddiviso in un volume festivo articolato in un ciclo triennale (A-B-C) e uno feriale che segue un ciclo biennale (I per gli anni dispari, II per i pari).
Dal 14 novembre 2010 (I domenica di Avvento) entra in vigore anche il volume per le celebrazioni dei Santi. Inoltre da tale data hanno adottato il nuovo lezionario anche le parrocchie di rito ambrosiano appartenenti alla diocesi di Bergamo.
Tale versione del lezionario ha incontrato alcune perplessità, in particolare di tipo teologico-liturgico, da parte di alcuni prelati, il più autorevole dei quali è stato il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, profondo conoscitore della liturgia ambrosiana in quanto proveniente dal clero di Milano. Le perplessità del cardinale Biffi sono state confutate dalla Congregazione del rito ambrosiano, per voce del professor Cesare Alzati.
La liturgia delle ore è pubblicata secondo il rito ambrosiano in 5 volumi distribuiti lungo l'anno liturgico; esistono anche edizioni ridotte in un solo volume (Diurna Laus). La struttura di lodi e vespri è piuttosto diversa da quella del rito romano.
Nel rito ambrosiano sono stati pubblicati i seguenti rituali:
Per le altre celebrazioni si usano i rituali romani fino alla pubblicazione dei rituali ambrosiani.
Un tipico suono delle campane (peraltro non esclusivo del rito ambrosiano, ma diffuso anche in molte parti del Nord Italia a causa del forte influsso esercitato dalla tradizione dell'arcidiocesi di Milano) dipende dal tipo di struttura su cui sono montate le campane e dalla cosiddetta "inceppatura". Questo genere d'inceppatura è tipico della Lombardia, della Liguria, della maggior parte del Piemonte, di parte del Veneto e di parte dell'Emilia-Romagna.
Una volta messe in movimento, le campane possono suonare "a distesa" (senza sequenza) per semplice oscillazione di pochi gradi rispetto al loro asse, oppure "a concerto" (seguendo una serie precisa di "sganci").
Su appositi supporti dell'"incastellatura", su cui è collocata ogni singola campana, si trova una balestra che ha la funzione di far arrestare la campana stessa una volta che questa ha compiuto la sua rotazione; detta balestra serve anche a favorire (col suo molleggio) lo sgancio successivo. L'arresto e sosta "in piedi" della campana sono possibili grazie a una piccola staffa posta sulla ruota, la quale staffa va appunto a scontrarsi con la balestra. Per eseguire il concerto solenne occorre portare le campane in posizione ribaltata di 180° rispetto alla posizione di fermo. Una volta raggiunta tale posizione di stallo, detta "a bicchiere" o "in piedi" (bocca in alto e contrappeso in basso), le campane, sganciate una alla volta o a coppie (eseguendo in questo secondo caso un accordo), si ribaltano (a questo punto di circa 360°) emettendo un rintocco ogni volta in cui il battacchio cade su uno dei due bordi, sempre inferiore, della campana, mentre essa gira: a ogni giro vi sono quindi due rintocchi, uno allo sgancio e uno al ritorno verso la posizione di stallo.
Calcolando il tempo che ogni campana impiega per compiere detta rotazione, è possibile comporre determinate successioni di suoni, con la possibilità di ottenere particolari concerti.