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Claudio Giovanni Antonio Monteverdi (Cremona, 9 maggio 1567 – Venezia, 29 novembre 1643) è stato un compositore italiano.
La sua attività di compositore segnò il passaggio dalla musica rinascimentale alla musica barocca. Fu uno dei principali innovatori che accompagnarono l'evoluzione del linguaggio musicale (su questo processo stilistico vedi anche Retorica musicale), insieme al "principe dei musici", Carlo Gesualdo. Monteverdi scrisse una delle prime opere teatrali in cui fosse sviluppabile una trama drammatica, ovvero un melodramma, L'Orfeo. Il suo stile ebbe una profonda influenza non solo sui compositori italiani della sua generazione e di quelle successive, ma anche sui compositori di area tedesca (soprattutto attraverso Heinrich Schütz).
Nato a Cremona, dove intraprese i primi studi musicali e compositivi, Monteverdi sviluppò la sua carriera prima alla corte di Mantova e poi nella Repubblica di Venezia dove fu maestro di cappella presso la Basilica di San Marco fino alla sua morte. Le sue lettere superstiti danno un'idea della vita di un musicista professionista nell’Italia del periodo, compresi i problemi di reddito, clientelismo e politica.
Gran parte della produzione di Monteverdi, comprese molte opere teatrali, è andata perduta. La sua musica sopravvissuta include nove libri di madrigali, opere religiose su larga scala, come il suo Vespro della Beata Vergine del 1610 e tre opere complete. La sua opera L'Orfeo è la prima del genere ancora ampiamente eseguita; verso la fine della sua vita scrisse opere per Venezia, tra cui Il ritorno d'Ulisse in patria e L'incoronazione di Poppea.
Pur padroneggiando le tecniche della precedente polifonia rinascimentale, come evidenziato nei suoi madrigali, intraprese grandi sviluppi nella forma e nella melodia e iniziò ad impiegare la tecnica del basso continuo, caratteristica del barocco. Non estraneo alle polemiche, difendeva le sue scelte compositive definendole elementi di una seconda pratica, contrastante con lo stile precedente più ortodosso che chiamava prima pratica.
Di talento precoce, iniziò la pratica dell'organo, della viola da gamba e della composizione polifonica con il maestro di cappella del Duomo di Cremona, Marc'Antonio Ingegneri. Già nel 1582, a soli quindici anni, pubblicò la raccolta vocale Sacrae Cantiunculae, cui seguirono nel 1583 i Madrigali spirituali a 4 voci, nel 1584 le Canzonette a 3 voci libro I, i Madrigali a 5 voci libro I nel 1587 e il II libro nel 1590.
Dal 1590 al 1592 Monteverdi operò alla corte di Mantova in qualità di "violista" (nell'accezione più ampia del termine, cioè di suonatore di strumento ad arco non meglio specificato: tuttavia è stato spesso associato al ritratto giovanile riprodotto in questa pagina, il cui soggetto imbraccia chiaramente una viola da gamba) e in quest'ultimo anno pubblicò il III libro de Madrigali. Nel 1595 accompagnò il duca Vincenzo I Gonzaga di Mantova in un viaggio in Ungheria e nel 1599 fu di nuovo al suo seguito nelle Fiandre, dove ebbe contatti con la musica di stile francese.
Il 20 maggio 1599 sposò a Mantova Claudia Cattaneo, cantante alla corte dei Gonzaga. Nel 1601 fu nominato "Maestro della musica" dal duca Vincenzo. I suoi compiti comprendevano l'insegnamento, la direzione di un gruppo vocale femminile e la composizione di lavori per il teatro, tra i quali ricordiamo il ballo Gli amori di Diana ed Endimione (perduto), per il Carnevale 1604–5, e l'opera Orfeo. Nel 1603 pubblicò il IV libro de Madrigali, cui seguì, di lì a due anni, il V libro.
Lo stile innovativo di queste ultime due raccolte suscitò vive discussioni, culminate nella celebre polemica con il monaco bolognese Giovanni Maria Artusi su alcune imperfezioni della moderna musica imperniate sulla prima pratica e sulla seconda pratica. Brevemente, la critica mossa dal tradizionalista Artusi, allievo di Gioseffo Zarlino, era che i madrigali di Monteverdi fossero "aspri et all'udito poco piacevoli", in quanto non osservanti le regole canoniche del contrappunto, e che dunque allontanassero la musica dal suo scopo, che è la pura "dilettatione". Nella prefazione al quinto libro dei madrigali, Monteverdi assicurava di aver già scritta e pronta per le stampe una risposta alle accuse, dal titolo Seconda pratica, overo perfettione della moderna musica; questo testo, tuttavia, non fu mai pubblicato. Apparve invero una replica nella Dichiarazione che introduce gli Scherzi musicali, pubblicati nel 1607, portante la firma di Giulio Cesare Monteverdi, fratello del compositore. Vi si trova un'ampia trattazione pratico-teorica della "seconda pratica", che riconduce alla teoria platonica della musica serva dell'orazione, dandovi un elenco di compositori che già l'avevano applicata.
Durante il carnevale del 1607, alla corte di Mantova, venne rappresentata la sua prima opera lirica: L'Orfeo, su libretto di Alessandro Striggio. L'opera, che era stata data in anteprima presso l'Accademia degli Invaghiti, ebbe grande ed immediato successo, e venendo ripresa a Milano, Cremona e, probabilmente, anche a Torino e Firenze.
Poco dopo l'uscita degli Scherzi musicali, Monteverdi tornò a Cremona per stare vicino alla moglie, gravemente ammalata (morirà il 10 settembre dello stesso anno). Il compositore si trovò così solo con i tre figlioli; poco propenso a ritornare a Mantova, ricevette una convocazione ufficiale da parte della corte ducale affinché partecipasse alle imminenti celebrazioni per nozze del principe Francesco IV Gonzaga con Margherita di Savoia. Per l'occasione, Monteverdi compose parte degli intermedi per L'idropica di Guarini, il Ballo delle Ingrate su libretto di Ottavio Rinuccini e una nuova opera, L'Arianna, sempre su libretto di Rinuccini. Quest'ultima fu rappresentata il 28 maggio 1608, e riscosse grande successo al pari della precedente; la parte di Arianna era sostenuta dalla grande virtuosa Virginia Ramponi-Andreini, nota come La Florinda, che mosse il pubblico al pianto con il Lamento di Arianna, unico brano dell'opera giunto fino ai nostri giorni. La permanenza di Monteverdi a Mantova non fu però priva di amarezze; oltre a sentirsi sottostimato dalla corte, mal sopportava la rivalità col fiorentino Marco da Gagliano, la cui Dafne era stata rappresentata durante il carnevale 1608 e aveva riscosso il plauso del principe (dal dicembre 1607 cardinale) Ferdinando Gonzaga.
Monteverdi tornò a Cremona in uno stato di profonda prostrazione, deciso a non lavorare più per la corte di Mantova, sennonché nel corso dell'anno 1609 riprese i contatti con il duca Vincenzo e si produsse in varie composizioni, tra cui la celebre Sestina e la versione polifonica del Lamento di Arianna (pubblicato più tardi nel VI libro dei madrigali), in parte ispirate dalla presenza a Mantova del soprano virtuoso Adriana Basile. La pubblicazione della sua Missa... ac vesperae (1610) fu seguita da un viaggio a Roma per presentare l'opera al dedicatario papa Paolo V. Probabilmente, nelle intenzioni di questo gesto vi era la speranza di un posto di prestigio a Roma, ma non ne venne nulla.
Intanto, i rapporti di Monteverdi con la corte dei Gonzaga si facevano sempre più tesi. Alla morte del duca Vincenzo, avvenuta il 18 febbraio 1612, gli successe il figlio primogenito Francesco, che si impegnò subito in un ridimensionamento del lusso della corte. Monteverdi aveva perduto il suo principale sostenitore: il nuovo duca non lo apprezzava altrettanto e il cardinale Ferdinando sosteneva il suo protetto, il tenore Sante Orlandi. Così, il 29 luglio Claudio Monteverdi, insieme al fratello Cesare, fu bruscamente licenziato e ritornò a Cremona in precarie condizioni economiche. Tuttavia, il 10 luglio del 1613 morì Giulio Cesare Martinengo, maestro di cappella presso la Basilica di San Marco a Venezia, e Monteverdi venne nominato al suo posto a partire dal 19 agosto.
Monteverdi riorganizzò la cappella, ne arricchì la biblioteca e ingaggiò nuovi musicisti. Ora i suoi compiti erano chiaramente definiti e poteva contare sul supporto di assistenti; si sentiva rispettato, il suo salario era regolarmente nutrito da gratifiche. Inoltre, la città gli offriva ricche possibilità di lavoro supplementare.
La corte dei Gonzaga cercò invano di convincerlo a ritornare, e continuò a offrirgli commissioni che egli spesso rifiutò, adducendo come pretesto i suoi nuovi doveri veneziani. Il suo stato di cittadino di Mantova non gli permetteva di recidere completamente i suoi legami di sudditanza, ed egli vi inviò, tra gli altri, il balletto-opera Tirsi e Clori con libretto del collaudato Striggio (Palazzo Ducale (Mantova) 1616) e l'opera Andromeda (1619-1620), oggi perduta. Sembrò così che Monteverdi avesse raggiunto una certa stabilità professionale; la sua accresciuta fama lo condusse a contatti, dal 1623, con la corte del re Sigismondo III di Polonia, forse rinnovati nel 1625, quando, in occasione della visita a Venezia del principe Ladislao Sigismondo, Monteverdi scrisse una Messa e compose musica per i suoi concerti privati; e vi fu inoltre una cospicua collaborazione con la corte di Parma in occasione delle nozze del duca Odoardo Farnese con Margherita de' Medici nel dicembre 1628.
Nel 1628 andò in scena a Parma Gli Argonauti con il libretto di Claudio Achillini. Nel 1627, il trono di Mantova passò nelle mani di Carlo I di Gonzaga-Nevers, suscitando la reazione dell'imperatore Ferdinando II, che nel luglio del 1630 inviò le truppe dei Lanzichenecchi, che presero d'assalto la città, devastandola e diffondendovi la peste. Una delegazione mantovana, con a capo Alessandro Striggio, trovò rifugio a Venezia, portando inconsapevolmente con sé l'infezione. A Venezia, le vittime furono quasi 50.000. Per cercare di contrastare il contagio, si costruì la Basilica di Santa Maria della Salute, alla cui cerimonia di fondazione partecipò anche Monteverdi. Si ritiene, appunto, che la Messa 'a 4' da cappella e il Gloria pubblicati più tardi nella Selva morale possano essere stati composti in occasione delle celebrazioni per la fine della peste (21 novembre 1631).
Non sappiamo se fu per convenienza o per devozione, ma Monteverdi il 9 marzo 1632 prese gli ordini sacerdotali e fece voto di compiere un pellegrinaggio a Loreto (che tuttavia non ottemperò): lo troviamo infatti menzionato col titolo di "Reverendo" nel suo secondo libro degli Scherzi musicali, la cui dedica è datata 20 giugno 1632.
I rapporti con la corte di Vienna si intensificarono: Monteverdi scrisse un ballo-opera, Volgendo il ciel per l'immortal sentiero con il libretto di Ottavio Rinuccini, probabilmente per l'elezione dell'imperatore Ferdinando III verso la fine del 1636 a Vienna; con tutta probabilità, risale a questo periodo la revisione del Ballo delle Ingrate, e probabilmente parte delle composizioni dell'VIII libro dei madrigali (Madrigali guerrieri, et amorosi) sono associate all'imperatore, a cui è indirizzata la dedica datata 1º settembre 1638. Eleonora Gonzaga fu a sua volta la dedicataria della Selva morale e spirituale (1º maggio 1641). Non è stato possibile determinare se il manoscritto dell'opera Il ritorno d'Ulisse in patria conservato appunto a Vienna rifletta connessioni portate avanti in questo periodo.
Il contributo di Monteverdi alla nuova opera "pubblica" instaurata a Venezia a partire dal 1637 fu notevolissimo, soprattutto se consideriamo che il compositore aveva già raggiunto i settant'anni. Egli riprese Arianna per l'inaugurazione del Teatro San Moisè nel carnevale 1639-40, e più tardi nel corso della stessa stagione produsse Il ritorno d'Ulisse in patria al Teatro San Cassiano (esso fu poi eseguito a Bologna e tornò a Venezia nel carnevale 1640-41). La sua seconda opera veneziana, Le nozze d'Enea in Lavinia, per il Teatro Santi Giovanni e Paolo, carnevale 1640 – 41, è andata perduta. La terza, L'incoronazione di Poppea, ancora per il Teatro dei SS. Giovanni e Paolo, carnevale 1642-3, fu uno straordinario successo. Non tutta la musica di quest'ultimo capolavoro, giunto a noi da fonti degli anni cinquanta, è di sicura matrice monteverdiana; probabilmente la scena finale è opera di Francesco Sacrati, tuttavia è una testimonianza dello scintillante successo della carriera degli ultimi anni di Monteverdi.
Monteverdi morì a Venezia il 29 novembre 1643, dopo breve malattia, e fu seppellito nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari.
Le opere lasciate incompiute dalla sua scomparsa includono un ballo destinato a Piacenza per il carnevale 1643-4, il trattato sulla seconda prattica promesso già nella prefazione del V libro dei madrigali (il cui titolo definitivo avrebbe dovuto essere Melodia, overo Seconda pratica musicale) e forse un'altra opera d'ispirazione omerica, l'Ulisse errante. Vi fu inoltre un numero inusuale di pubblicazioni postume, tra le quali la Messa e salmi del 1649 e il IX libro dei madrigali 1651.
La sua musica ebbe larga diffusione in nord Europa anche attraverso numerose copie manoscritte e contrafacta. La sua influenza fu determinante sia direttamente nella musica vocale sacra e profana dei compositori fino al volgere del secolo, sia indirettamente nella sperimentazione dei nuovi linguaggi strumentali, ispirati in particolare alla scrittura fortemente teatrale della seconda prattica.
I lavori di Monteverdi, raccolti nel catalogo Stattkus-Verzeichnis, possono essere classificati in tre categorie: musica vocale profana, opere e musica sacra.
I libri di madrigali sono nove, di cui l'ultimo fu pubblicato postumo.
Le sole opere di Monteverdi giunte complete fino a noi sono:
Dall'opera L'Arianna (1608) è giunto a noi solamente il famoso Lamento di Arianna.
Altre composizioni di genere drammatico:
Dal Vespro della Beata Vergine:
Registrazione live dell'ensemble Cantica Symphonia (dir. Giuseppe Maletto), effettuata a Torino il 3 ottobre 2000.
A Monteverdi è intitolato il cratere Monteverdi su Mercurio. Gli sono stati anche dedicati il Conservatorio Claudio Monteverdi di Bolzano, il Gruppo Polifonico Claudio Monteverdi, il Coro Claudio Monteverdi di Crema e il Monteverdi Choir, più numerose strade.