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Compositore: Mascagni Pietro

Strumenti: Voce Mixed chorus Orchestra

Tags: Opere

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Serenata delle fate. Pianoforte (Unknown)
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Pietro Antonio Stefano Mascagni (Livorno, 7 dicembre 1863 – Roma, 2 agosto 1945) è stato un compositore e direttore d'orchestra italiano.
Mascagni visse a cavallo tra Ottocento e Novecento, occupando un posto di rilievo nel panorama musicale dell'epoca, soprattutto grazie al successo immediato e popolare ottenuto nel 1890 con la sua prima opera, Cavalleria rusticana, adattamento dell'omonima novella di Giovanni Verga. In seguito Mascagni compose altre 15 opere che gli valsero una popolarità mondiale, insieme a pochi altri compositori. Tuttavia solo alcune di esse sono entrate stabilmente in repertorio, come ad esempio l'Iris, che toccò la ragguardevole cifra di 800 produzioni.
Mascagni, inoltre, scrisse un'operetta, Si, musica vocale, strumentale, nonché canzoni, romanze e composizioni per pianoforte. Compose anche musica sacra (ad esempio la Messa di Gloria), e fu il primo compositore italiano a scrivere per il cinema muto (Rapsodia satanica, da Nino Oxilia). Da ultimo, non va dimenticato l'interessante esperimento di The Eternal City, sorta di suite sinfonica, basata sulle musiche di scena del dramma omonimo, sulla scia degli analoghi lavori di Luigi Mancinelli (Cleopatra, Messalina).
Pietro Mascagni nacque il 7 dicembre 1863, a Livorno, in piazza delle Erbe. Proveniva da una famiglia abbastanza rinomata nella città, ma di condizioni economiche non agiate, nonostante il padre fosse uno dei più facoltosi e conosciuti panettieri del centro di Livorno. Dopo aver ultimato gli studi ginnasiali, ai quali affiancò anche lo studio del pianoforte e dell'organo, dal 1876 si dedicò agli studi musicali – contro la volontà del padre – seguendo gli insegnamenti di Alfredo Soffredini, fondatore dell'Istituto Musicale Livornese (in seguito dedicato a Mascagni), dove studiò anche violino, contrabbasso e alcuni strumenti a fiato; con Soffredini, in particolare, studiò armonia e contrappunto.
La sua prima composizione musicale, la romanza Duolo eterno!, risale al 1878, seguita da altre come: Elegia per soprano, violino e pianoforte (1879), Ave Maria per soprano e pianoforte (1880), Pater Noster per soprano e quintetto d'archi (1880), Sinfonia in fa maggiore (1881). Nello stesso 1881, compose la cantata In filanda, a quattro voci soliste, e nel 1882 la cantata Alla gioia, su testo di Friedrich Schiller. Trasferitosi a Milano, per studiare al Conservatorio con Amilcare Ponchielli e Michele Saladino, Mascagni condivise una stanza in affitto con Giacomo Puccini, più anziano di lui di cinque anni, condividendone povertà e gioie. In Conservatorio, però, Mascagni si trovò presto in difficoltà: i metodi e i contenuti della disciplina musicale impartita dai docenti si scontravano col suo temperamento e con la sua musica più moderna, anche se aveva Amilcare Ponchielli dalla sua parte. Nel 1885 Mascagni abbandonò il Conservatorio di Milano (e gli studi di musica), unendosi a compagnie d'operetta come direttore d'orchestra. Nel dicembre 1886, in tournée con la compagnia Maresca, fece tappa a Cerignola (FG), dove il sindaco allora in carica (il Commendatore Cannone) invitò lui e la futura moglie, Argenide Marcellina Carbognani (Lina, che sposerà il 7 febbraio 1889), a fermarsi, offrendogli di dirigere la neonata Filarmonica locale. Nella cittadina dauna Mascagni resterà, salvo momentanee assenze per concerti e impegni artistici, nella casa di via Assunta, sino al 1895, componendo ben cinque opere - Cavalleria rusticana, L'amico Fritz, I Rantzau, Guglielmo Ratcliff e Silvano - e dando lezioni di musica e canto.
Nel luglio del 1888 s'iscrisse ad un concorso, indetto dalla casa editrice Sonzogno, per un'opera in un singolo atto. Mascagni chiese al suo amico Giovanni Targioni-Tozzetti, poeta e professore di letteratura all'Accademia Navale di Livorno, di scrivere un libretto. Targioni-Tozzetti scelse Cavalleria rusticana (un dramma scenico che Giovanni Verga aveva tratto dalla sua omonima novella), avvalendosi della collaborazione di Guido Menasci. L'opera, che fu completata l'ultimo giorno valido per l'iscrizione al concorso, si piazzò tra le prime tre (su 73 partecipanti), insieme al Rudello di Vincenzo Ferroni e a Labilia di Nicola Spinelli, e il 17 maggio 1890 Cavalleria rusticana debuttò al Teatro Costanzi di Roma, ottenendo un successo clamoroso di pubblico e vincendo il concorso. Il successo, a quel punto, si ripeté in ogni teatro nel quale venne da allora rappresentata. L'anno seguente, 1891, vide il debutto di un'altra opera (sempre al Costanzi di Roma), L'amico Fritz. Nel frattempo però, a turbare la gioia di Mascagni per i suoi primi successi, intervenne Giovanni Verga il quale, non soddisfatto dell'offerta di Sonzogno per i diritti di adattamento della sua novella, aprì una causa per plagio, sostenendo, fra l'altro, di non avere mai concesso ufficialmente il permesso all'adattamento, ma solo un generico assenso ad un'informale richiesta del musicista. La causa fu vinta da Verga: lo scrittore siciliano ottenne un lauto risarcimento (il 25% degli utili derivanti dalla rappresentazione dell'opera), che gli garantì per un certo tempo una discreta tranquillità finanziaria.
Negli anni successivi, Mascagni iniziò a collaborare con Luigi Illica, già librettista di Catalani, Giordano e Puccini, per la stesura dell'Iris, commissionata dall'editore Ricordi. Contemporaneamente alla composizione di Iris, Illica e Mascagni lavorarono insieme ad un altro progetto, Le maschere, stavolta per Casa Sonzogno. Nel frattempo continuò col suo lavoro di direttore d'orchestra, dirigendo, tra l'altro, sei concerti alla Scala di Milano, tra cui la Patetica di Pëtr Il'ič Čajkovskij, inedita in Italia, e una propria composizione per soprano e orchestra, il poema sinfonico A Giacomo Leopardi, scritto per il centenario della nascita del poeta. Nel novembre del 1898 fu di nuovo al Teatro Costanzi di Roma per dirigere la prima di Iris.
Dal 1899 al 1900 le sue tournée in qualità di direttore d'orchestra lo portarono a Pietroburgo, Vienna e negli Stati Uniti. Dopo il debutto poco lusinghiero de Le Maschere (1901), che avevano esordito in contemporanea in ben sei città diverse (Roma, Milano, Venezia, Torino, Genova, Verona), il compositore livornese andò a Vienna su invito di Gustav Mahler, dove, al Teatro Imperiale, diresse il Requiem di Giuseppe Verdi, per ricordare la recente scomparsa del musicista emiliano. Seguirono altre tournée in Europa e negli Stati Uniti, fino a che, nel 1903, assunse la carica di direttore della Scuola Nazionale di Musica di Roma, alla quale affiancò, a partire dal 1909, anche la direzione artistica del Teatro Costanzi di Roma. Questo doppio incarico non impedì a Mascagni di continuare i suoi viaggi di lavoro pel mondo, comprese due tournée in Sud America, durate diversi mesi.
Nel 1927 Mascagni ricevette la delega dal Governo in qualità di rappresentante dell'Italia, in occasione delle celebrazioni per il centenario della morte di Ludwig Van Beethoven, che ebbero luogo a Vienna. Due anni dopo, nel 1929, alla fondazione della Reale Accademia d'Italia, Mascagni venne incluso tra gli Accademici, insieme, tra gli altri, a Luigi Pirandello, Guglielmo Marconi, Gabriele d'Annunzio ed Enrico Fermi; nel 1932 si iscrisse al Partito Nazionale Fascista.
Il 16 gennaio 1935 venne rappresentata alla Scala Nerone, l'ultima sua fatica, su libretto del sempre fedele Targioni-Tozzetti. In occasione del cinquantenario di Cavalleria rusticana (1940) l'opera fu incisa su disco. L'anno successivo, 1941, diresse le celebrazioni per il cinquantenario dell'Amico Fritz, col tenore mascagnano Ferruccio Tagliavini. Tra il 1943 e il 1944, ormai ottantenne, Mascagni terminò la sua carriera di direttore al Teatro Adriano di Roma. Già nel 1943, subito dopo il bombardamento di Roma, in una sua lettera ad Anna Lolli scriveva: "Rendiamo grazie a Dio, il Fascismo è finito! Il sole della libertà splende su di noi!". Malgrado ciò va ricordato che «Al crollo del Regime, nel 1943, Mascagni aveva ricevuto dai "fondi segreti" di Mussolini 1.290.000 lire: per l'epoca, una somma enorme» (pari a 428.571 euro odierni). «[...] Soggiornava in un Grand Hotel romano, disseminando sospetti e attizzando zizzanie tra i colleghi...».
Pietro Mascagni morì nel suo appartamento al Grand Hotel Plaza di Roma (sua residenza stabile dal 1927) il 2 agosto del 1945: il Presidente del Consiglio dell'epoca, Ferruccio Parri, gli negò i funerali di Stato. Radio Mosca fece un minuto di silenzio e la folla si accalcò per omaggiare la salma. Ancora oggi si può visitare il suo sepolcro al Cimitero della Misericordia di Livorno, dove le sue spoglie furono trasferite nel 1951.
Dal punto di vista stilistico, la musica di Mascagni è spesso definita esasperata, sia per la propensione verso gli acuti, che per il largo uso ch'egli fa del declamato. In realtà, ciò riguarda una parte della sua produzione operistica (specialmente l'ultima fatica, il Nerone), ovvero quella finale, quando si era già in pieno clima espressionista. Nei primi lavori (Cavalleria, Amico Fritz, Ratcliff, Iris, Maschere e Rantzau) è invece vivo uno stile fine, ma decadente, che riaffiora similmente nella poesia e nella pittura di quel tempo. L'unica vera e propria opera verista di Mascagni, insomma, fu Cavalleria, il cui successo venne poi emulato da Ruggero Leoncavallo con i Pagliacci. Quanto a Umberto Giordano, che spesso viene definito compositore verista (e giustamente, per opere minori come Mala vita), il suo stile è assai più vicino a Giacomo Puccini che a Mascagni. In sintesi, al di là dello stile dei musicisti coetanei di Mascagni (la cosiddetta Giovane Scuola Italiana), l'opera italiana, a cavallo tra Otto e Novecento, non fu interamente verista. Vi fu - è vero - un gran successo del verismo, specie dopo Cavalleria, ma ben presto, già dal 1896, quest'ultimo cedette il posto all'opera decadente (che comprendeva il simbolismo, l'esotismo e il dannunzianesimo) e, più tardi, a quella espressionista; di tutti questi stili, Mascagni si fece grande ambasciatore, dando prova di grande coraggio (nonché di spirito eclettico), anche se spesso mal compreso.
Pietro Mascagni compose la Rapsodia satanica per l'omonimo film di Nino Oxilia del 1917, pellicola caratterizzata dall'ambizioso tentativo di fondere le arti e realizzare l'Opera d'Arte Totale" teorizzata dal compositore Richard Wagner. (Vedasi Irene Lottini, Satan's Rhapsody, in Louis Bayman, World Directory Cinema: Italy, Intellect Books, 2011).
Nel centenario del colossal del cinema muto Cabiria, anche Rapsodia satanica è stato proiettato all'Auditorium Rai di Torino, con la musica di Mascagni eseguita dall'Orchestra sinfonica Nazionale della Rai (21 giugno 2014). Lo stesso giorno è stata ripubblicata la prima raccolta di poesie di Nino Oxilia, Canti brevi, del 1909.
Parte della colonna sonora del terzo capitolo de Il Padrino è tratta da Cavalleria rusticana. Inoltre, nel film, il figlio di Michael Corleone debutta come tenore proprio nella parte di Turiddu, al Teatro Massimo di Palermo, e durante lo svolgimento dell'opera avviene la strage nella quale rimangono coinvolti più criminali. All'uscita da teatro verrà uccisa anche la figlia di Michael. L'Intermezzo di Cavalleria rusticana, l'Intermezzo di Guglielmo Ratcliff e il notturno/barcarola di Silvano sono stati ripresi da Martin Scorsese come colonna sonora del film Toro scatenato. Sulla vita di Mascagni nel 1952 venne realizzato un film, Melodie immortali diretto da Giacomo Gentilomo, dove il compositore livornese viene impersonato da Pierre Cressoy.
Mascagni è definito “one opera man”, ovvero un compositore che ha creato soltanto un'opera lirica di successo, alla stregua, per esempio, di Ruggero Leoncavallo, con Pagliacci, di Umberto Giordano, con Andrea Chénier, di Amilcare Ponchielli con La Gioconda, o di Francesco Cilea, con Adriana Lecouvreur. Le ragioni di tale marginalizzazione sono ancora oggi argomento di dibattito. Certamente a suo favore non giocò l'adesione al fascismo, che gli alienò molte simpatie nel dopoguerra. Ma bisogna anche rimarcare - a onor del vero - che anche Luigi Pirandello, come Mascagni, ha avuto le medesime frequentazioni, ma non per questo la sua carriera letteraria ne ha risentito.
Si è imputato allora, a Mascagni, l'errore di non aver cavalcato a sufficienza il successo di Cavalleria Rusticana, presentando come opera successiva un idillio come l'amico Fritz, seguita poi dai temi romantici del Guglielmo Ratcliff. Questa continua sperimentazione, alla fine, non ha potuto che nuocergli, non incontrandosi spesso con i gusti del pubblico e della critica. Se per esempio un'opera come l’Iris (1898) ha introdotto nella musica lirica i temi cari all'Orientalismo, ben prima di Madama Butterfly (1904), il fatto di indugiare più al simbolismo che alla drammaturgia l'ha comunque penalizzata rispetto all'opera pucciniana. Lontani da Cavalleria sono sicuramente la commedia Le maschere, ma anche il dannunzianesimo di Zanetto, Isabeau e Parisina. Questo eclettismo non gli ha certo giovato in termini di accessibilità delle sue opere, che evidenziano varie difficoltà quanto ad esecuzione e ruoli. Il risultato, perciò, è che pochi interpreti negli ultimi anni vi si sono cimentati con successo.
La possibilità di riconquistare il pubblico ci fu, se vogliamo, ma non venne comunque sfruttata dal compositore. Dopo Guglielmo Ratcliff (1895), l'editore Ricordi cercò infatti di riconvertire Mascagni al verismo, proponendogli un libretto tratto dalla novella “La lupa” di Giovanni Verga. Mascagni però rifiutò, preferendo continuare il suo percorso avventuroso ed eclettico. Nasceranno, perciò, il neomedievalismo di Zanetto (1896) e l'esotismo/simbolismo di Iris (1898). La successiva scelta di puntare tutto, per il rilancio della sua carriera, sull'opera buffa Le maschere si rivelò rovinosa; in questo caso le sue incertezze emersero prepotentemente, tanto da spronarlo ad una continua opera di revisione di questo lavoro, anche a distanza di trent'anni. Messo in un angolo sia da Sonzogno che da Ricordi, dovette consolarsi con un editore francese.
La valorizzazione di Mascagni, al di fuori di Cavalleria Rusticana, non c'è quasi mai stata nei teatri lirici italiani ed internazionali, ma è avvenuta paradossalmente al cinema (nelle colonne sonore di certi film di Hollywood) o alle Olimpiadi di Roma del 1960, con l'Inno del Sole dell'Iris innalzato ad inno ufficiale della manifestazione. Va comunque rimarcato che in tempi recenti, grazie soprattutto a molte case discografiche "minori", sono state commercializzate varie incisioni di opere mascagnane piuttosto rare, come i Rantzau, Silvano, Zanetto, Lodoletta, Amica, per non parlare dell'interessante incisione (1999) di Parisina, con protagonista Denia Mazzola Gavazzeni. In quest'edizione, va detto, la partitura è assai mutilata rispetto all'originale (prassi peraltro già avviata da Mascagni stesso, subito dopo la prima assoluta del 1913), ma l'operazione può sostanzialmente definirsi riuscita, quantomeno nell'intento di divulgare un'opera che - assieme a Cavalleria - è il capolavoro di Mascagni, nonché una delle maggiori espressioni del decadentismo italiano d'inizio 900, al pari della Butterfly pucciniana, o della Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai.
La vita sentimentale di Mascagni fu a tratti burrascosa. Sposatosi in giovane età con la parmigiana Lina Carbognani, si infatuò poi, nel 1910, di una sua corista, Anna Lolli. La relazione rimase clandestina, ma fu vissuta intensamente dal maestro livornese, che scrisse più di quattromila lettere alla sua amata.
Mascagni fu un artista molto famoso non soltanto per le opere da lui scritte, o per la sua attività di direttore d'orchestra, ma anche perché fu un personaggio alla moda. Strinse amicizia con pittori come Giovanni Fattori, Gaetano Previati, Plinio Nomellini, ed ebbe un rapporto molto stretto con D'Annunzio, che prima lo criticò duramente (nel 1892 lo definì "un capobanda"), poi lo esaltò, e infine collaborò con lui (per la già citata Parisina).
L'iconografia classica immortala Mascagni con il consueto sigaro toscano tra le labbra e la folta capigliatura che lo ha fatto diventare famoso: il cosiddetto taglio alla Mascagni.
Pietro Mascagni venne anche nominato cittadino onorario della città di Pisa, per l'entusiasmo popolare che scatenavano le sue performance al Teatro Nuovo (poi Verdi), nonché per l'impegno profuso nella diffusione della cultura musicale.