Compositori

Guitar Sonata in C major, MS 84 No.3

Compositore: Paganini Niccolò

Strumenti: Chitarra

Tags: Sonata

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Wikipedia
Nicolò Paganini (Genova, 27 ottobre 1782 – Nizza, 27 maggio 1840) è stato un violinista, chitarrista e compositore italiano, fra i più importanti esponenti della musica romantica.
Continuatore della scuola violinistica italiana di Pietro Locatelli, Gaetano Pugnani e Giovanni Battista Viotti, è considerato uno dei maggiori violinisti di sempre, sia per la padronanza dello strumento, sia per le innovazioni apportate in particolare allo staccato e al pizzicato. La sua attività di compositore fu legata a quella di esecutore.
Ancora oggi la sua figura è circondata da leggende legate al suo prodigioso genio (talune anche alimentate dall'ambiente del romanticismo ottocentesco) ed al famoso patto col diavolo da lui siglato per ottenere la fama e l’abilità necessaria per suonare il violino, contribuendo così a mitizzare la sua figura.
È considerato tutt’oggi, come il più grande violinista della storia.
Nacque a Genova il 27 ottobre del 1782 da una modesta famiglia originaria di Carro (nell'odierna provincia della Spezia). Il padre Antonio faceva imballaggi al porto ed era appassionato di musica; con la madre Teresa abitavano in Vico Fosse del Colle, al Passo della Gatta Mora, un caruggio di Genova nella zona di via del Colle. Fin dalla più giovane età Niccolò prese dal padre le prime lezioni di musica sul mandolino e, in seguito, fu indirizzato, sempre dal padre, allo studio del violino. Paganini è considerato un autodidatta, in quanto i suoi due maestri furono di scarso valore e non ricevette che una trentina di lezioni di composizione da Gaspare Ghiretti. Malgrado ciò, all'età di 12 anni, già si faceva ascoltare nelle chiese di Genova e diede un concerto nel 1795 al teatro di Sant'Agostino, eseguendo delle sue variazioni per chitarra e violino sull'aria piemontese La Carmagnola, andate perdute.
Il padre lo condusse a Parma nel 1796, all'età di 14 anni. Qui Niccolò si ammalò di polmonite e venne curato con il salasso, che lo indebolì e lo costrinse a un periodo di riposo nella casa paterna a Romairone, in val Polcevera, vicino a San Quirico dove studiò anche fino a 10-12 ore al giorno su un violino costruito dal Guarneri, regalatogli da un ammiratore di Parma. Secondo talune fonti, si ritiene che tal strumento possa essere identificato con il Guarneri del Gesù “Carrodus” del 1743, il quale, è stato rinominato “il Violino che Paganini ha perso al gioco”, e che secondo tal logica ha poi portato Paganini a entrare successivamente in possesso, nel 1800 a Livorno, del suo Guarneri del Gesù “il cannone” del 1743, del quale oltretutto (grazie a quanto rivelato da recenti studi effettuati sulle fibre del legno di ambedue gli strumenti), il carrodus risulta esser il violino gemello, poiché ambedue fabbricati con il legno del medesimo albero.
Tale tesi (riguardo l’identifica del primo violino appartenuto al maestro) risulta confermata da plurime circostanze: la prima è quella che riguarda la minor notorietà degli strumenti di Guarneri rispetto a quelli di Stradivari che confermerebbe, a sua volta, l’entrata in possesso del violino nelle mani del giovane Paganini tramite semplice donazione (i Guarneri infatti non erano visti come violini preziosi, come lo erano gli Stradivari), mentre l’altra è quella che si ricollega all’aneddoto che accompagna il suddetto violino del ‘43 (del fatto che fu perso al gioco dal musicista stesso), lasciandolo senza uno strumento di sua proprietà con cui esibirsi, per poi, in un secondo momento, "portarlo a conoscere” quello che sarebbe stato il suo strumento più importante: il cannone del ‘42.
Paganini imitava i suoni naturali, il canto degli uccelli, i versi degli animali, i timbri degli strumenti, come il flauto, la tromba e il corno. In seguito diede dei concerti nell'Italia Settentrionale e in Toscana. Raggiunta una portentosa abilità, andò di nuovo in Toscana, dove ottenne le più calorose accoglienze. Nel 1801, all'età di 19 anni, interruppe la propria attività di concertista e si dedicò per qualche tempo all'agricoltura e allo studio della chitarra. In breve tempo diventò virtuoso anche di chitarra e scrisse molte sonate, variazioni e concerti non pubblicati; insoddisfatto, si mise a scrivere sonate per violino e chitarra, trii e quartetti in unione agli strumenti ad arco. Paganini scriveva per chitarra a sei corde, che in quel periodo soppiantò quella "spagnola" a cinque cori (quattro corde doppie e una singola nella parte alta detta cantino), e questo spiega il suo estro negli scoppiettanti pizzicati sul violino.
Alla fine del 1804, all'età di 22 anni, riapparve a Genova, ma tornò a Lucca l'anno successivo, dove accettò il posto di primo violino solista alla corte della principessa di Lucca e Piombino Elisa Bonaparte Baciocchi, sorella di Napoleone I. Il 27 dicembre 1808 diresse i musicisti durante la tenuta del Grande Oriente d'Italia per l'affiliazione e l'amicizia col Grande Oriente di Francia, eseguendo un proprio inno massonico composto su parole del fratello Vincenzo Lancetti, scrittore (Cremona 1767 - Milano 1851), e nei verbali della tenuta la sua qualità di massone risulta esplicitamente. Quando Elisa Baciocchi, nominata granduchessa di Toscana, si trasferì a Firenze nel 1809, Paganini la seguì, ma per un banale incidente se ne allontanò e non volle più tornarvi, malgrado i numerosi inviti. A Torino fu invitato a suonare nel castello di Stupinigi da un'altra delle sorelle dell'imperatore francese, Paolina Borghese.
Nella sua vita, Paganini percorse l'Italia tre volte, facendosi applaudire in numerose città. La prima di queste città fu Milano nel 1813, a 31 anni, il 29 ottobre, al teatro Carcano. I critici lo acclamarono primo violinista al mondo. Qui nel giro di diversi anni diede 37 concerti, in parte alla Scala e in parte al Carcano. Nel marzo 1816 trionfò nella sfida lanciatagli da Charles Philippe Lafont e due anni dopo ripeté il trionfo in un confronto con Karol Lipiński. Strinse amicizia con Gioachino Rossini e con Louis Spohr. Nel 1817, a 35 anni, suonò a Roma, suscitando una tale impressione che il Metternich lo invitò a Vienna. Ma, già allora, le precarie condizioni di salute gli impedirono di realizzare quel progetto. Invece andò al Sud, a Palermo, dove il 23 luglio 1825 vide la luce Achille (1825-1895), il figlio avuto con una "mediocre cantante e per giunta nevrotica", Antonia Bianchi (Como, 1800 - 1874). Paganini convisse con la Bianchi dal 1824 al 1828 prima che lei venisse sposata dal milanese Carlo Felice Brunati. Pur non ufficializzando mai il legame con la madre di suo figlio, Paganini tuttavia si dimostrò affettuoso verso questo bimbo illegittimo, tanto che per averlo con sé dovette sborsare 2 000 scudi alla madre e poi farselo riconoscere manipolando le sue conoscenze altolocate.
Nel 1828 finalmente andò a Vienna, dove le lodi ai suoi concerti furono unanimi. L'imperatore Francesco II lo nominò suo virtuoso di camera. Dopo aver dato 20 concerti a Vienna, si recò a Praga, dove sorsero aspre discussioni sul suo valore. Compose anche dal 1817 al 1830 sei concerti per violino e orchestra (famoso il finale del secondo, detto La campanella); ritornato a Genova nel 1832 incominciò la composizione dei famosi Capricci per violino e, nel 1834, una sonata per la grande viola, variazioni su temi di Süssmayr e Gioachino Rossini, serenate, notturni, tarantelle. La gran viola in questione è uno speciale strumento a cinque corde, andato perduto, che Paganini aveva fatto produrre a Francesco Borghi, liutaio di Forlì, e che divenne nota anche col nome di "controviola Paganini".
Tra il 1832 e il 1833 si alterna tra Parigi e l'Inghilterra e conosce la giovane Charlotte Watson, figlia del suo accompagnatore al pianoforte, e se ne innamora. A Boulogne fissa un incontro con lei ma vi trova il padre e scoppia uno scandalo. Nel 1833 acquista nei pressi di Parma la grande Villa Gaione, con l'intenzione di trascorrervi i periodi di riposo tra una tournée e l'altra.
Il 1834 segna l'inizio dei sintomi più evidenti di una malattia polmonare all'epoca non diagnosticata, segnata da accessi di tosse incoercibile, che duravano anche un'ora, che gli impedivano di dare concerti e che lo spossavano in maniera debilitante, per la quale furono interpellati almeno venti fra i medici più famosi d'Europa, ma che nessuno riuscì a curare. Il dottor Sito Borda, pensionato dell'Ateneo di Pavia, finalmente pose la diagnosi di tubercolosi e lo curò con un rimedio dell'epoca, il latte di asina. Solo in seguito propose medicamenti mercuriali e sedativi della tosse, tipici dell'epoca, con poco risultato e grossi effetti collaterali. I disturbi alla gola si presentarono molto tempo prima che insorgesse la laringite vera e propria e la necrosi dell'osso mascellare. Comunque la reazione di Paganini alla malattia fu molto dignitosa e composta; malgrado non avesse una grande opinione dei medici, che non erano riusciti a curarlo, si rivolgeva sempre con fiducia a qualcun altro, sperando di trovare un medico che potesse aiutarlo.
Nonostante la difficoltà in cui si trovava, non si abbandonò mai alla disperazione e in questi estremi frangenti dimostrò una grande forza d'animo. Al tempo gli diagnosticarono una laringite tubercolare; dagli sforzi della tosse non poteva più parlare e diventò completamente afono. Gli faceva da interprete il figlioletto Achille di 15 anni, che si era abituato a leggergli le parole sulle labbra e quando anche questo non fu più possibile, si mise a scrivere dei bigliettini, che sono stati conservati e sottoposti a esame grafologico. Achille, diventato adulto, cercherà di dare continuità all'opera del padre, continuando a riordinare e a pubblicare le sue opere, autenticandone la firma. In seguito i nipoti, che non avevano conosciuto il nonno Niccolò, venuti in possesso dell'intera opera paganiniana, decideranno di venderla allo Stato e, solo dopo un rifiuto, metteranno l'opera all'asta.
Paganini morì il 27 maggio 1840 a Nizza in casa del presidente del Senato. Il vescovo di Nizza ne vietò la sepoltura in terra consacrata per la sua fama di eretico. Il suo corpo fu quindi imbalsamato con il metodo Gannal e conservato nella cantina della casa dov'era morto. Dopo vari spostamenti, nel 1853 fu sepolto nel cimitero di Gaione e successivamente nel cimitero della Villetta di Parma.
Niccolò Paganini fu il più grande violinista dell’Ottocento. Era dotato di una tecnica straordinaria e le sue composizioni erano considerate ineseguibili da un altro violinista. Era velocissimo, compiva salti melodici di diverse ottave, eseguiva lunghi passi con accordi che coprivano tutte e quattro le corde, alternava velocemente note eseguite con l’arco e note pizzicate alla mano sinistra. Eseguiva anche misteriosi e spettrali armonici artificiali. Ogni tecnica era portata all'eccesso e le sue violente esecuzioni finivano quasi sempre con la volontaria e progressiva rottura delle corde e la conclusione del concerto sull'unica corda superstite, quella di sol.
Oltre che questa forte componente virtuosistica, a determinare il suo successo era anche il forte alone di mistero che circondava la sua figura. Su Paganini si diffusero infatti leggende infondate ma credute da molti. Si diceva, per esempio, che avesse ucciso un rivale in amore e che in prigione gli fosse stato concesso di suonare il violino; con il passare del tempo avrebbe perso tutte le corde tranne quella di sol, costretto quindi a suonare solo su quella corda. Da questo aneddoto si faceva derivare la sua particolare bravura sulla corda di sol. Un aneddoto ben più fantasioso e inquietante è quello che raccontava di come Paganini fosse un assassino seriale e ricavasse le corde del suo violino dalle viscere delle sue vittime.
La figura di Paganini era spesso collegata a Satana: si diceva che avesse stipulato un patto con il diavolo per poter suonare in quel modo. In generale il violino stesso era considerato lo strumento del diavolo (nonostante fosse stato suonato anche da preti come Antonio Vivaldi, il prete rosso), si veda anche l'esecuzione paganiniana del difficile brano Il trillo del diavolo. Questa associazione con il diavolo era aiutata dalla sua immagine: era scarno, a causa della sifilide, forse anche dalla sindrome di Marfan, e vestiva quasi sempre interamente di nero. Il viso era cereo e gli occhi rientrati nelle orbite; aveva perso tutta la dentatura a causa del mercurio somministrato per curare la sifilide e la bocca gli era così rientrata, mentre naso e mento si erano avvicinati (come gli anziani senza dentiera). La tubercolosi che lo uccise gli era costata anche la necrosi mascellare, ed era associata popolarmente da sempre anche al vampirismo. Quando Paganini suonava sul palcoscenico pareva a molti sembrare davvero uno scheletro in frac con un violino incastrato sotto la mascella.
I concerti per violino e orchestra presentano una singolarità di concezione, che alla loro epoca fu talvolta scambiata per esibizionismo esagerato. Le serie di accordi di difficile impostazione, i trilli e i salti di registro, sono dovuti anche al fatto che Paganini, per questioni economiche, voleva essere l'unico in grado di suonare la propria musica in modo da essere l'unico a potervici lucrare. Volendo mantenere segrete le partiture, le consegnava al direttore d'orchestra solo qualche ora prima dell'esecuzione. Questi aveva quindi la possibilità di studiarle solo per poco tempo; perciò il compositore doveva limitarsi a un'orchestrazione di facile interpretazione (l'orchestra doveva infatti essere in grado di suonare il brano a prima vista). In questo modo, gli assoli di violino risultano maggiormente complicati all'orecchio dell'ascoltatore che nel frattempo si è abituato all'accompagnamento semplificato dell'orchestra. Un esempio di quanto detto lo si trova nel primo e nel secondo concerto per violino e orchestra. In particolare nel secondo, il movimento denominato la Campanella è considerato dalla critica un capolavoro e venne trascritto per pianoforte da Franz Liszt.
Questo popolare detto ebbe origine nel febbraio del 1818 al Teatro Carignano di Torino, quando Carlo Felice, dopo aver assistito a un concerto di Paganini, fece pregare il maestro di ripetere un brano. Paganini, che amava improvvisare molto di quello che suonava e alcune volte si lesionava i polpastrelli, gli fece rispondere appunto che «Paganini non ripete». Per questo motivo gli fu negato il permesso di eseguire un terzo concerto in programma.
In seguito a questo, furono annullati i concerti che doveva ancora tenere a Vercelli e Alessandria. In due lettere inviate all'amico avvocato Germi scrisse: «La mia costellazione in questo cielo è contraria. Per non aver potuto replicare a richiesta le variazioni della seconda Accademia, il Sig. Governatore ha creduto bene di sospendermi la terza…» (il 25 febbraio 1818) e poi, ancora: «In questo regno, il mio violino spero di non farlo più sentire» (l'11 marzo dello stesso anno). Tuttavia nel 1836 tornò a suonare proprio a Torino per ringraziare Carlo Alberto per la concessione di legittimazione del figlio Achille.
Da allora la vulgata «Paganini non ripete» viene usata per motivare il rifiuto di ripetere un gesto o una frase.
Negli anni '70 dell'Ottocento Schubert di Amburgo, Ricordi e Schott pubblicarono alcuni titoli. Il resto giacque inedito a casa di Achille non avendo trovato altri editori. Poi tutto tacque finché nel 1908 gli eredi di Achille Paganini decisero di vendere allo Stato la collezione dei manoscritti inediti. La commissione governativa incaricata di esaminare i manoscritti diede parere negativo, così non vennero acquistati. Nel 1910 i manoscritti vennero acquistati all'asta da Leo Olschki che rivendette al collezionista di Colonia Wilhelm Heyer per il suo museo e divennero di fatto inconsultabili. L'asta comprendeva tutti i manoscritti tranne i tre residui concerti per violino e orchestra dei cinque allora conosciuti.
Alcuni manoscritti facenti o non facenti parte dell'asta furono stampati nei primi decenni del secolo. Nel 1922 la Universal Edition di Vienna diede alle stampe alcuni pezzi per violino e pianoforte. L'editore Zimmermann di Francoforte sul Meno nel 1925 stampò 26 composizioni per chitarra sola. Nel 1926 un'altra asta assegnò i manoscritti a Fritz Reuther, un collezionista di Mannheim. Nel 1935 toccò a Schott e nel 1940 a Ricordi. Sempre Schott, nel 1952, estraendoli dalla collezione Reuter pubblicò alcuni pezzi per violino e pianoforte. Zimmermann nel 1955 mandò in stampa importanti composizioni cameristiche tratte dalla collezione postuma. Alcune composizioni furono pubblicate in Germania e Spagna nel 1956-57. Nel 1970 e 1971 la Bèrben di Ancona pubblicò alcuni inediti per violino e per chitarra. Nel 1971 il governo italiano acquistò i 90 manoscritti e dal 1972 l'Istituto Italiano per la Storia della Musica ha gradualmente incominciato la pubblicazione degli inediti. Ora si trovano presso la Biblioteca Casanatense di Roma.
Il Sesto Concerto, con grande probabilità scritto prima degli altri cinque, fu ritrovato, nella versione per violino e orchestra, nel 1972 da Edward Neill presso l'antiquario londinese Hermann Baron, e pubblicato in edizione critica l'anno successivo. Negli archivi del Comune di Genova il chitarrista Gabriele Zanetti nel 2017 ha reperito la versione per violino e chitarra la cui edizione è stata pubblicata da Da Vinci di Osaka. All'inizio degli anni '90 del XX secolo fu infine ritrovato l'archivio del violinista e compositore Camillo Sivori in cui sono presenti 23 composizioni paganiniane, di alcune delle quali non si sospettava l'esistenza. Su incarico del comune di Genova le proff. Maria Rosa Moretti e Anna Sorrento nel 1982 stilarono il "Catalogo tematico delle musiche di Niccolò Paganini" da qui la dicitura "M.S." assegnata ufficialmente alle sue opere. Attualmente il catalogo supera i 130 numeri d'opera.
Per promuovere l'attività concertistica dei violinisti esordienti, dal 1954 si svolge annualmente (dal 2002 solo negli anni pari) a Genova, nel mese di ottobre, presso il Teatro Carlo Felice, il Concorso internazionale di violino Niccolò Paganini, giunto nel 2015 alla 54ª edizione.
Il concorso, di notevole difficoltà (al punto che talvolta il primo premio non viene assegnato), si articola in tre prove (nelle prime due l'ingresso in teatro è libero), nel corso delle quali i concorrenti devono eseguire vari pezzi per violino solo o con accompagnamento di pianoforte e – nella finale – due concerti per violino e orchestra.
Il 12 ottobre all'eventuale vincitore è concesso l'onore di suonare il Cannone, il famoso violino di Paganini, costruito nel 1743 dal liutaio Bartolomeo Giuseppe Guarneri, lasciato dal musicista alla sua città natale onde fosse «perpetuamente conservato». Oggi è conservato a Palazzo Doria-Tursi, Musei di Strada Nuova - Genova.
Nell'ordinamento pre-vigente la legge di Riforma dei Conservatori di Musica n. 508/99, era obbligo all'esame di Diploma di violino presentare sei Capricci di Paganini a scelta tra i ventiquattro dell'Op. 1.
Nel 1796 un'epidemia di morbillo interessò il nord Italia; a febbraio Paganini si ammalò assieme alla sorellina Angela. Angela morì mentre Niccolò sarà colto da complicanze: un'encefalite morbillosa con crisi catalettiche tali da farlo credere morto; fu la madre Teresa ad accorgersi di un piccolo movimento del figlio. L'encefalite morbillosa lascerà segni indelebili sul sistema nervoso di Paganini, che si faranno sempre più evidenti in età matura. Curiosamente, lo stesso fenomeno di morte apparente accadde anche nell'infanzia al musicista Liszt.
Si ipotizza che Paganini fosse affetto da una sindrome marfanoide, patologia che colpisce il collagene della matrice extracellulare. Questo spiegherebbe l'aracnodattilia (dita estremamente lunghe e mobili), che gli permise di arrivare a livelli di esecuzione tecnica insuperati. Persino i calchi delle sue mani fatti il giorno dopo la sua morte mostrano in modo inequivocabile la meccanica dei suoi virtuosismi: con l'estenuante esercizio quotidiano, assieme alla capacità dovuta alla sindrome di Marfan, poteva avvolgere il pollice attorno al mignolo e con una falcata di 25 centimetri per mano non stupisce il fatto che potesse avvolgere l'intera tastiera del suo violino con tanta rapidità. Con dita così lunghe flessibili e allenate dalla pratica continua ed estenuante non era fisicamente possibile ripetere i suoi virtuosismi, se non in qualche raro caso dove la velocità esecutiva superava i limiti fisici degli esecutori.
Per mostrare le sue doti di violinista, Paganini aveva l'abitudine di incidere le corde dei violini che utilizzava durante i concerti, in modo tale che si rompessero quasi tutte tranne l'ultima. Ciò aveva lo scopo di mostrare la sua versatilità. Il fatto che proprio la quarta corda fosse lasciata integra non è casuale: il sol è certamente la corda più espressiva del violino e con il suo suono neutro permette di passare dal grave al acuto in modo morbido, rendendo il suono modulabile. Forse anche per questo le corde delle note mi la e re vennero escluse: piegare l'archetto in modo tale da non toccare le altre corde non è fisicamente possibile. Paganini unì la spettacolarità dell'esecuzione al dinamismo con questo piccolo trucco che galvanizzava le folle, un po' come Mozart che con trovate talvolta semplici quali coprire la tastiera o farsi bendare creava stupore.
Non era il solo ad utilizzare questo metodo ma rimane certamente il più famoso, come anche nel modificare l'accordatura sfumando i suoni e utilizzando la tecnica del pizzicato con la mano sinistra della scuola Maestrini che si usava solo in Italia, che venne usata da pochissimi perché ritenuta retaggio passato.
Una lettera, che Paganini scrisse qualche giorno prima della sua morte, al figlio Achille dice: " Voglio che la mia musica sia suonata nelle generazioni future così da vivere per sempre"